La Liberazione un evento che continua a parlare al presente.
Ottanta anni fa con la Liberazione si poneva fine al ventennio di una dittatura feroce e sanguinaria che si era imposta con la violenza e la complicità della Monarchia e delle classi dirigenti del Paese.
Ancora oggi sono all’opera negazionisti e revisionisti di ogni risma, ma nessuno potrà mai cancellare le persecuzioni, gli eccidi, la guerra e tutte le atrocità compiute dal nazifascismo.
Nessuno potrà mai sostenere che seicentomila morti e immense distruzioni materiali siano frutto della fantasia di qualche irriducibile antifascista. Così come nessuno potrà mai negare la fine ingloriosa del governo fantoccio di Salò, l’asservimento ai nazisti e la tentata fuga di Mussolini travestito da tedesco (preceduta da quella altrettanto ingloriosa del Re e del suo seguito).
Purtroppo c’è ancora qualcuno, persino insediato ai vertici dello Stato, che nel ricordare l’orrenda strage delle Fosse Ardeatine, attribuisce la responsabilità ai soli nazisti dimenticando l’attiva collaborazione dei fascisti in quella come in tante altre stragi e massacri di civili inermi.
La Liberazione segnò la fine del fascismo e, grazie al ruolo avuto dalla Resistenza, ha consentito all’Italia di non subire la stessa sorte di tedeschi e giapponesi. E’ solo grazie alla lotta partigiana, animata da tante formazioni il cui obiettivo comune era sconfiggere nazisti e fascisti, se abbiamo potuto costruire quell’originale percorso democratico che ha portato alla nascita della Repubblica e della Costituzione. La nostra Carta fondamentale lungamente ignorata e spesso oggetto di manipolazioni e tentativi di stravolgerla.
In essa i padri costituenti hanno sancito non solo dei principi, ma dei chiari indirizzi programmatici.
Tuttavia anche qui è successo che alte cariche dello Stato affermassero l’inesistenza in Costituzione della parola antifascismo. Evidentemente non l’hanno mai letta oppure hanno giurato sulla Costituzione per finta. Sarebbe bastato leggersi l’ARTICOLO UNO per trovarvi già la negazione del fascismo e se ancora incerti sul significato, avventurarsi su quelli seguenti dove in modo chiaro e semplice si afferma l’uguaglianza dei cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di religione, di opinione o di condizione sociale e poi ancora la libertà di opinione e di stampa, il sacrosanto ripudio della guerra. Anche se tutto ciò non fosse da loro compreso c’è pur sempre scritto il “divieto di ricostituzione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista”. Comprendere la Costituzione è un’impresa ardua solo per chi la nega. E la negazione o il rifiuto affondano nella notte dei tempi quando, per eccesso di generosità, i vincitori non hanno infierito come avrebbero potuto, hanno anzi fermato la epurazione dai gangli dello Stato e concesso l’amnistia. Da allora c’è chi, dentro e fuori gli organi statali, ha tramato e agito per comprimere e svuotare quei principi, spingendosi fino all’estremo tentativo del colpo di stato e delle strategie eversive a suon di bombe.
La Liberazione parla al presente perché, oggi più che mai la democrazia è sotto attacco.
Lo è per il prevalere tra i governanti del mondo delle logiche di guerra come unica soluzione ai conflitti in essere e, in modo diffuso, della violenza come mezzo di sopraffazione dell’uno sull’altro.
Lo è per l’affermarsi di un potere che non tollera la democrazia, che può farne a meno perché incompatibile con le sue logiche di dominio.
Liberazione e Costituzione sono l’antidoto per chiunque abbia ancora voglia di sognare un mondo diverso dove non è il mercato a dettare le leggi e non è la guerra a regolare i rapporti internazionali, ma la giustizia sociale e la coesistenza pacifica.
Perché questo si avveri e la democrazia si rianimi è necessario ridare centralità alle assemblee elettive.
Solo dei Parlamenti realmente rappresentativi dei corpi elettorali, rispettosi dei principi costituzionali e del diritto internazionale, possono garantirci di affrontare le sfide del presente in pace e democrazia.
Battersi per questo è anche il modo migliore per onorare le staffette e i partigiani che hanno combattuto per affermare valori alti, universali, nella speranza che diventassero patrimonio di tutti e garanzia per le generazioni che sarebbero venute dopo di loro.
Praticare l’antifascismo oggi vuol dire mantenere vivo il ricordo della Resistenza e trarre da quella esperienza lezioni valide per il presente. Perché anche se il fascismo storico è morto è nell’attualità che, seppure in forme diverse, lo ritroviamo nelle idee e nelle pratiche fondate sul culto della sopraffazione, della cancellazione dei diritti, del razzismo, del nazionalismo, dell’apologia della guerra. Antifascismo per noi significa unità, democrazia, uguaglianza, solidarietà, lavoro, pace. Questi sono i semi che ci hanno consegnato i partigiani e le partigiane. Sta a noi oggi curarli e farli rivivere. Nell’80° anniversario della Liberazione, tocca a noi, ai sinceri democratici, agli antifascisti, rinnovare il patto civile e morale costituente con le parole di Piero Calamandrei: “Un patto giurato tra uomini liberi che volontari si adunarono per dignità e non per odio, decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo. Su queste strade se vorrai tornare, ai nostri posti ci troverai, morti e vivi con lo stesso impegno, popolo serrato intorno al Monumento che si chiama ora e sempre Resistenza!”.
Rocco Cordì, presidente della Sezione ANPI “Claudio” Macchi di Varese