Sarebbe come voler rimettere il dentifricio nel tubetto, è un’espressione popolare per dire che è impossibile tornare indietro da certe decisioni. Come rimettere insieme i cocci, quando si rompe un vaso. È vero che si può sempre rabberciare qualcosa che gli assomigli, magari affidandosi ad un buon restauratore, ma sarà sempre un rabbercio. Non sarà mai più il vaso che conoscevamo. Ed è questa, purtroppo, la sensazione che si ha in questo momento, dopo le intemperanze – non si possono chiamare altro che così, perché non sono né scelte economiche né politiche – del “nuovo” presidente USA. Dopo le decisioni che ha preso sui dazi, niente sarà più come prima. In un attimo, siamo finiti in un tourbillon di cifre che sconvolgeranno la vita della maggior parte della popolazione mondiale. E ancora non si sa come andrà a finire, perché adesso è tutto sospeso per 90 giorni. Ma dopo, che accadrà? Nessuno può dirlo, nessuno può fare previsioni, nessuno è in grado di programmare con serenità il proprio futuro. Nessuno può investire, neanche una lira, con consapevolezza (salvo gli speculatori, che pare abbiano fatto profitti stellari in questi giorni, magari con qualche aiutino).
Dunque, quello che accadrà, da qui in avanti, è che nessuno potrà più fidarsi del signor Trump, né di lui, né della sua amministrazione. Insomma, si è rotto quel rapporto di fiducia che durava da un’ottantina d’anni, con reciproca soddisfazione, durante il quale la società occidentale, soprattutto, ha fatto progressi enormi in tutti i campi, migliorando considerevolmente la qualità della vita di ciascuno di noi, come non era mai accaduto prima nella storia. In pochi decenni l’aspettativa di vita a livello mondiale, valutata alla nascita, dal 1950 al 2021 è cresciuta di 22,7 anni, passando da 49 anni a 71,7 anni. È una cifra che, da sola, più di qualsiasi altra, dà la misura di quel che ha significato il rapporto di fiducia che era maturato tra di noi, di qua e di là dall’Atlantico. Solo il Covid, tra il 2019 e il 2021, ha interrotto questo trend e abbiamo perso 1,6 anni di aspettativa di vita.
Adesso siam qui, tra quei che son sospesi, nell’attesa di capire che cosa accadrà, perché in questa follia che stiamo vivendo, non abbiamo perso solo migliaia di miliardi di dollari, ma qualcosa di molto più importante. È venuto a mancare quel legame impalpabile che tiene insieme il vivere civile, che si chiama fiducia e che ci unisce, gli uni altri, e fa in modo che si collabori alla realizzazione di fini comuni. Un ingrediente formidabile, molto più importante del vile danaro, ma col difetto d’essere facilmente deperibile, come la mozzarella. Quando si degrada, si altera, se viene meno, non si recupera facilmente. Ma è l’ingrediente fondamentale dello sviluppo economico. Tecnicamente, si chiama capitale sociale, quella risorsa intangibile, su cui è strutturata la società civile, fatta di senso di obbligazione e di responsabilità verso gli altri, solidarietà e partecipazione. Minare la fiducia equivale a «rovinare la comunicazione, creare difficoltà e sospetto, rendere gli accordi inefficaci, indebolire la mediazione, ridurre la solidarietà, screditare la leadership» (T. Schelling, 1984).
Se ne saranno accorti di quel che han combinato? Probabilmente no. Perché hanno la stessa sensibilità d’un rinoceronte, sprofondati come sono nell’ignoranza e nell’arroganza. Salvo riconoscere, dopo la morte di una bambina di 8 anni, che “il mezzo più efficace per prevenire la propagazione del morbillo” sono i vaccini e non le vitamine, come ci ha fatto sapere, bontà sua, Robert Kennedy Jr. (un cognome davvero sprecato). Hanno una visione semplificata della realtà, infantile, quella dei loro film d’azione, dove qualsiasi problema, piccolo o grande che sia, si risolve con una fucilata, un cazzotto, un inseguimento, in quattro e quattr’otto. Sono immedesimati nelle fantasticherie cinematografiche e pensano di risolvere qualsiasi cosa in questo modo, come la questione ucraina e quella della Striscia di Gaza. In un paio di giorni, hanno detto. Adesso, l’ultima proposta è di smembrare l’Ucraina come si fece con la Germania dopo il 1945. Per Gaza, lo sappiamo, la soluzione è un resort.
Brancolano completamente nel buio. Mentre i presunti epigoni nostrani del tycoon ossigenato, vanno dicendo in giro che sarebbe l’Europa a mettere i dazi. Che sarebbe tutta colpa della von der Leyen. Farneticazioni inascoltabili. In questa immensa cagnara, l’unica prospettiva salvifica è proprio un’Europa unita. E sulla spinta della crisi, qualcosa si sta muovendo, ma non è abbastanza. Ci vuole di più e subito.