
Un uomo geniale dal carattere ruvido e dalle mani d’oro, un tenero nonno che non scordava di aver vissuto un’infanzia difficile, orfano di madre dalla nascita e cresciuto dagli Artigianelli di Milano studiando arte e imparando a cavarsela a fare tutto, il pittore e lo scultore del legno, il designer e l’inventore di giochi; fino a diventare art-director del “cumenda” Angelo Rizzoli che fondò l’omonimo impero editoriale e la casa cinematografica Cineriz da cui mossero i primi passi Fellini, Visconti e Vittorio De Sica. È il video-ritratto che il nipote Stefano, autore televisivo a Mediaset, ha proiettato al castello di Masnago per l’inaugurazione della mostra dedicata all’opera più celebre di Otto Monestier (1918-1997), la scultura modulare Eva che l’artista presentò nel 1972 alla 36a Biennale di Venezia.
È un ritratto affettuoso e commovente, con la voce del nonno recuperata da vecchie audiocassette, con gli scorci della vecchia Milano di ringhiera in cui l’artista crebbe negli anni della seconda guerra mondiale e con la colonna sonora delle predilette musiche di Bindi, Jannacci e Paolo Conte ad accompagnare le serene immagini familiari della moglie Enrica e dei figli Bruno, Paola, Luca e Alessandro nella grande casa di Induno Olona. Un vernissage premiato dall’interesse del pubblico e sottolineato dalla presenza dell’assessore alla cultura Enzo Laforgia. La sala delle conferenze è letteralmente gremita al piano terra della ex fortezza medievale della famiglia Castiglioni, molte ciglia bagnate al termine della proiezione e, data l’alta affluenza di estimatori, le visite all’opera esposta al primo piano sono necessariamente scaglionate.
“Eva è un’idea arcaica, un archetipo femminile di maternità e di femminilità”, spiega la curatrice del museo Silvia Vacca delineando il percorso d’arte contemporanea che la collega idealmente alle opere coeve di Bruno Munari, presenti al Castello, e a quelle di Giancarlo Sangregorio, esposte in contemporanea nella Sala Veratti fino al 27 aprile. Il prototipo in legno di Eva fu realizzato con le proprie mani da Monestier nel 1970 e poi replicato in diversi materiali, dall’ottone alla plastica, dal gesso alla resina cromata, con notevoli risultati commerciali anche fuori dall’Italia, soprattutto negli Stati Uniti. È costituito da 55 elementi girevoli infilati su un perno centrale che catturano il movimento rotatorio e sensuale del corpo femminile.
Il figlio Alessandro, anima organizzativa della famiglia, emozionato e orgoglioso, definisce il padre un illusionista capace di creare affascinanti sculture modulari e la Eva “un nudo elegante di donna come solo la grazia sa essere”. Un’opera che forse si ispira ai celebri nudi di Venere e di Afrodite della tradizione ellenistica e romana. Dai microfoni in sala la calda voce registrata di Roberto Piumini commenta poeticamente le sinuose e materne fattezze del busto femminile, mentre il pubblico osserva il materiale che completa la rassegna: gli schizzi, il catalogo, la scatola originale e le sei fotografie scattate dal fotografo Aldo Ballo per la Biennale di Venezia nel 1972, le riviste d’epoca, i pannelli fotografici e le vetrinette contenenti i modelli di Eva in diversi materiali e colorazioni. La mostra resterà aperta fino a sabato 17 maggio ma il prototipo in legno, senza i materiali di contorno, rimarrà esposto al castello per cinque anni.
Non è la prima volta che Varese rende omaggio a Otto Monestier ricambiando l’affetto che egli dimostrò nel 1962 scegliendo di venire ad abitare nella verde Val Ceresio. Nel 2009 la Sala Veratti gli dedicò una mostra antologica e nel 2018 il Comune di Induno gli intitolò in via Iamoretti, al centro della rotonda d’accesso al paese, il monumento in ferro zincato e verniciato intitolato Dadini, alto 7,20 metri, ricavato ingigantendo una scultura mobile brevettata nel 1968. Dal canto suo Monestier curò nel 1973 il progetto grafico del quotidiano “Il Giornale di Varese” degli editori Violini e Parravicini e nel 1984 affrescò la figura del falegname nel villaggio dipinto di Boarezzo, in Valganna, liberamente ispirata al profeta Ezechiele che compare nella volta michelangiolesca della Cappella Sistina.
Nel 1987 l’eclettico artista ideò un vasto mosaico per la scuola elementare Don Milani a Induno in cui si avvalse della collaborazione degli scolari. Nel 2000 la famiglia ha donato alla comunità una sua interpretazione materna e laica della figura della Madonna che gioca affettuosamente con i figlioletti e che ricorda i quadri rinascimentali con la Vergine e il bambino. La statua in gesso rosso, alta 52 centimetri, trasformata in bronzo dall’amico scultore Luigi Bennati e installata nella cappelletta in via Sangiorgio nei pressi della scuola elementare Arturo Ferrarin, è una presenza protettiva per gli studenti che ogni mattina le passano davanti.