Ci sono uomini che viaggiano, uomini che raccontano di viaggi e altri che amano viaggiare e raccontare i loro viaggi: a questo gruppo appartiene Giorgio Maria Griffa, che ha fatto del viaggiare una ragione di vita, del narrare la ragione d’esistere. Narra per immagini trasferendo le sue emozioni, la sua passione per l’inesplorato, novello Ulisse, simbolo della ricerca del sapere, instancabilmente teso verso nuove strade in un percorso reale e metaforico verso l’ignoto, fa ‘ali… al folle volo’. Nato a Biella, terra di esploratori e di narratori, come padre Alberto De Agostini ed Enrico Rosso, ha studiato farmacia tanto quanto gli ha permesso di diventare ‘esperto manipolatore di colori’ all’acquarello, mezzo che gli consente di trasferire sulla carta paesaggi marini, a volte relitti di navi, fari, luoghi disabitati, spesso arricchiti dai resoconti delle esperienze vissute, che vengono pubblicati in Italia e all’estero.
Innamorato del viaggio e dell’avventura, ha subito il fascino dalla figura di Ernest Henry Shackleton, che nel 1914 si cimentò nella traversata del Continente antartico.
Dopo la spedizione compiuta tra il 1907 e il 1909 per raggiungere il Polo Sud, l’esploratore irlandese fedele interprete del verso di Tennyson ‘to strive, to seek, to find, and not to yield’ – lottare, cercare, trovare, e non cedere –, organizzò nel 1914 una ulteriore spedizione che prevedeva di attraversare via terra il continente antartico: a meno di cento chilometri dall’arrivo, la nave Endurance rimase incagliata nel pack a Weddell, e dieci mesi più tardi affondò lasciando la spedizione isolata e bloccata. Shackleton con grande coraggio e incredibile resistenza percorse seicentocinquanta miglia nautiche a bordo della James Caird, scialuppa-baleniera lunga sei metri, per raggiungere l’isola della Georgia Australe da dove organizzò il soccorso degli uomini rimasti intrappolati nella baia di Elephant. Solo due anni più tardi, nel 1916 il rimorchiatore cileno Yelcho raggiunse l’equipaggio che riuscì tutto a salvarsi, al termine della terribile odissea. Nonostante il mancato successo dell’impresa, Shackleton divenne famoso pubblicando nel 1919 un libro ‘South’, corredato di foto che documentavano le fasi più drammatiche dell’avventura vissuta insieme coi suoi compagni.
Griffa ripercorre come viaggiatore le tappe del viaggio di Shackleton e come artista fissa in un libro – divenuto catalogo della mostra – le sue emozioni di un essere assolutamente solo, solo di fronte ad una natura estrema, esposto ai ghiacci e al gelo. Questi gli ingredienti degli acquarelli: protagonista è il vuoto, la mancanza, il deserto, il silenzio cosmico, l’assenza di uomini di animali di piante: domina l’assenza assoluta di vita. Ogni quadro presenta la stessa realtà vista da Shackleton cento anni fa e da Griffa ieri: nulla è mutato perché la vita è assente perciò tutto è fuori dal tempo che è lo strumento per misurare la vita. L’artista racconta attraverso le tracce lasciate dall’uomo, attraverso le impronte rivisitate che gli impongono una riflessione sul suo intimo senso di esistere; dipinge ampie vedute con taglio visivo minimale, pone l’accento sui particolari, propone immagini concettuali e suggestive della realtà: “Faccio vedere – dice – pezzi di isole o isole a pezzi”.
La mostra che propone oltre cento opere, è anche la cronistoria artistica di Griffa, pittore di acquarelli e collagista, che narra viaggi intorno al mondo; è tutta un dipanarsi di strade percorse, o da percorrere, in Canada e in Argentina, in Tanzania e in Grecia, e nell’Isola di Sant’Elena, ultimo soggiorno di Napoleone, il piccolo Corso mitico eroe tutto teso alla ricerca di spazi storici infiniti, che viene immortalato con il ciclo di ‘acquarelli sui cappelli’ . Poi ci sono le ziatype, fotografie realizzate con una variante moderna del procedimento fotografico al platino-palladio, inventato nel 1887 e già utilizzato nel libro di Shackleton. E ci sono gli ex-voto, una sorta di cassettini della memoria, pieni di tracce di cose usate durante i viaggi, che generano legami col già-vissuto, e uniscono il viaggiatore antico a quello moderno.
L’esposizione si conclude con le tavole illustrative di due volumi: ‘Viaggio alle Eolie’ di Alexandre Dumas e ‘I fari degli Stevenson’ entrambi delle Edizioni Nuages. Appaiono tracce di case una volta abitate, ora fantasmi svuotati del loro contenuto vitale, ridotte a contenitori di ricordi che suggeriscono le infinite possibilità di vita passata.
La mostra, curata da Cristina Taverna, è patrocinata dalla Regione Lombardia e realizzata grazie al contributo della Provincia di Varese e della Fondazione Comunitaria del Varesotto.
Giorgio Maria Griffa
Sir Ernest Henry Shackleton ed altri acquarelli di viaggio
Chiostro di Voltorre, Gavirate
Dal 21 ottobre 2011 all’8 gennaio 2012
Aperto da martedì a domenica 10–12,30; 14–17
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