Le vacanze di Natale sono andate. E con esse le migliaia di turisti che tradizionalmente scelgono Roma per le festività sino all’ Epifania. Ancora una volta si tirano somme, si fanno conti. E ancora una volta emerge il deficit strutturale di questa capitale che, pur tra le più belle del mondo, non riesce (o non vuole) comunicare quello che possiede. Come città, come sistema-paese, come immagine.
Si va avanti alla giornata, ci si barcamena approfittando della ricchezza offerta dal passato. Tra i tanti esempi che si possono portare, scelgo il mercatino di Natale di piazza Navona: in uno dei luoghi più belli del mondo una accozzaglia di banchi senza alcun gusto artistico,dozzinali secondo un mal interpretato senso del “popolare”. Manufatti cinesi accanto a banchetti di dolciumi o porchetta, statuine del presepe e ritratti di strada, oggettistica di dubbio gusto, il baraccone del tiro a segno.
A Roma non esiste un ostello della gioventù, in corso Vittorio Emanuele si entra in internet point e si viene accolti senza un sorriso pagando quasi quattro euro per trenta minuti di collegamento. Dei cinquanta milioni di euro che entrano ogni anno nelle casse del Comune, grazie alla tassa di soggiorno, solo il cinque per cento viene reinvestito in promozione turistica. Il resto dove va? Qualunque paragone con i mezzi pubblici delle città europee è sconfortante. Esiste una capitale che il primo gennaio sospende il servizio per quasi mezza giornata perché è… il primo dell’anno?
Mancanza di un “sistema”: abbiamo già scritto dell’affollamento senza regole dei bus turistici: l’uno dopo l’altro camminano lungo le vie storiche, riempiendo l’aria di gas tossici e saturando l’ambiente con il rumore dei loro motori. Attraversano a decine via dei Fori Imperiali, via della Conciliazione, costeggiano il Colosseo preoccupandosi di scaricare il più vicino possibile ai monumenti il loro carico di turisti, viaggiando a passo d’uomo per fare gustare le bellezze archeologiche ma rallentando il traffico.
Sono esempi presi a caso. Se ne potrebbero fare altre decine (i bagni pubblici dove sono… Bisogna invocare il ritorno dell’imperatore Vespasiano?) per dimostrare che nella capitale non esiste un progetto culturale nel suo insieme che sappia proporre al meglio… il meglio che abbiamo. Non è un caso che Parigi accolga ogni anno ventotto milioni di turisti, Roma ne supera a malapena i dieci.
Il secondo quotidiano giapponese per diffusione, l’Asahi Shimbun, traccia un quadro poco edificante: “I servizi – scrive – sono scadenti, ristoratori e tassisti praticano tariffe arbitrarie, manca l’informazione”.
A proposito di quest’ ultima osservazione basta andare a visitare il sito della Soprintendenza per i beni archeologici di Roma: la descrizione di Ostia antica non supera la trentina di righe.
Qualche mese fa la Camera di Commercio di Monza ha calcolato il valore del “brand” Colosseo in 91 miliardi di euro. A cui seguivano i 90 miliardi dei Musei vaticani e i 78 di Fontana di Trevi. Totale 263 miliardi di euro potenziali che aspettano ancora di essere adeguatamente valorizzati.
L’impressione di chi scrive, e vive ormai da trentadue anni nella Città eterna, è che il problema prima di “istruzioni per l’uso” sia di educazione. Non nel senso delle buone maniere ma di conoscenza (“Introduzione alla realtà secondo tutti i fattori”) . E questo amore al vivere non lo si improvvisa ma lo si trasmette partendo dalle giovani generazioni . Qui il punto di partenza è ancora quello descritto da Alberto Sordi: “Che non ce l’hai una casa? E allora stacci!”. O al massimo fatti fare una foto con accanto un romano travestito da centurione.
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