In tempi di crisi i fondi per le iniziative culturali scarseggiano più del solito. Ma la crisi può essere anche un’occasione per tentare vie nuove, per cercare sinergie inaspettate, per puntare tutto sulla qualità e sulla sostanza.
Nasce da questi intenti la piccola e preziosa mostra ospitata alla Sala Veratti e dedicata alle incisioni da Canova, resa possibile dalla collaborazione tra i Musei Civici di Varese, l’Accademia Tadini di Lovere e un gruppo di realtà locali: Varesevive, la Fondazione comunitaria del Varesotto, il Rotary di Sesto Calende e il CCR di Ispra
Canova è stato il più grande scultore italiano dell’Ottocento. Acclamato in tutta Europa, apprezzato dai Papi, amato da Napoleone. Ma non era solo artista ma anche uomo di grandi passioni civili. Impegnato in quella che oggi si chiamerebbe la tutela dei beni culturali, non ebbe esitazioni a rimproverare a Napoleone le razzie di opere d’arte che i Francesi stavano compiendo in Italia allo scopo di arricchire i loro musei, con la scusa che gli italiani non erano in grado di occuparsene in modo adeguato. Dopo la caduta di Napoleone venne inviato da Pio VII a Parigi come ambasciatore per recuperare le opere sottratte e riuscì a compiere un lavoro egregio, riportando a Roma capolavori come il Laocoonte. E – sia detto per inciso – girò il suo stipendio di funzionario dei beni culturali all’Accademia di San Luca in cui studiavano gli artisti, Sempre all’Accademia donò anche la ricchissima biblioteca d’arte che aveva messo insieme in anni di ricerche affinché i giovani delle scuole d’arte potessero usarli per la loro formazione.
Passione civile e passione per l’arte muovevano anche Luigi Tadini, il nobiluomo cremasco, cresciuto nell’ambito dell’Illuminismo lombardo, che incontrò Canova a Napoli alla fine del Settecento. Suo figlio Faustino scrisse nel 1796 il primo catalogo delle opere dell’artista e Canova donò alla famiglia il bozzetto in terracotta della “Religione”. Il conte Tadini arricchì la propria raccolta acquistando oltre trenta incisioni che riproducevano le opere canoviane. Queste opere, insieme alla stele che Canova scolpì in memoria di Faustino, costituiscono il nucleo del museo di Lovere, che Tadini aprì al pubblico nel 1828 affiancandovi una scuola di musica ed una scuola di disegno, finanziate con il proprio patrimonio. Questo gesto munifico, che si inquadra nel dibattito illuminista sul valore educativo dell’arte, è all’origine di una realtà che per oltre un secolo fornì a tanti giovani gli strumenti per affermarsi come pittori, musicisti, disegnatori industriali ed artigiani. Oggi l’Accademia Tadini mantiene uniti, nella sede originaria, le collezioni, la biblioteca e l’archivio del collezionista, testimonianza di una stagione vivacissima della cultura lombarda.
La mostra alla Sala Veratti presenta al pubblico varesino proprio la raccolta di incisioni da Canova appartenute al conte. È un’occasione straordinaria per conoscere un aspetto spesso ignorato del grande scultore, che con acuto senso imprenditoriale favoriva la traduzione a stampa delle sue opere per favorirne la conoscenza tra gli appassionati. È anche un’occasione per ricordare, con lo sguardo rivolto alle vicende del nostro presente, un’epoca di amore per l’arte e di forte senso civico. In questo ci aiuta il bel saggio di Daniele Cassinelli, che introduce il catalogo con una ricognizione del clima culturale a Varese tra Sette e Ottocento, sorprendente per la sua ricchezza e vivacità.
Canova tradotto. Incisioni da Canova nelle collezioni dell’Accademia Tadini
Sala Veratti, via Veratti 20, Varese
3 novembre 2011 – 8 gennaio 2012
Da martedì a domenica: 9.30-12.30 / 14.00 – 18.00
Ingresso libero
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