Siamo nell’Anno della Fede, proclamato da Papa Benedetto XVI il 6 Ottobre 2012.
La parola “Fede” mi suona importante, fondamentale, ricca di significati, avvolgente, ma quasi generica, non facilmente comprensibile. Come una grande, gonfia nuvola grigia nel cielo, di cui fatico a comprendere le dimensioni e la consistenza. Dentro la nuvola sta certamente Dio. Ma Dio è luce, è un arcobaleno di colori; ed io voglio cercar di rimirare, almeno da lontano, l’Arcobaleno.
E allora, per non lasciarmi distrarre dal grigiore della nuvola (per non adagiarmi su facili alibi elusivi) cerco di tradurre – per me – la parola “Fede” con un’altra più concreta per me, più riconoscibile dal mio cuore. “Fede” = “Fiducia nel Signore”.
Fiducia nel Signore. Questa espressione mi è chiara. Nell’Anno della Fede devo dimostrare la mia fiducia nel Signore!
Non certo una fiducia passiva, la fiducia di chi attende che il Padre Nostro ci doni il pane quotidiano, ci perdoni tutti i peccati e ci tenga lontani da ogni tentazione. Deve essere invece una fiducia attiva, la fiducia di chi ascolta la voce del Signore e si preoccupa di seguire le Sue indicazioni.
Fiducia nel Signore. Ma dov’è il Dio in cui devo avere fiducia? Dove sono le Sue indicazioni che io devo – dovrei – seguire con fiducia, ad occhi chiusi? È chiaro: sono nella Parola di Dio, in Gesù, nel Vangelo! Ma come è abbagliante l’Arcobaleno di Dio!
Fasci di luce piombano su di me prepotentemente, mentre un altoparlante assordante mi lancia frasi del Vangelo che scavano profondamente nel mio cuore:
“Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano” (Matteo 5,44).
“Perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni le vostre colpe” (Marco 11, 25).
“Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi” (Matteo 4,24).
“Non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati” (Luca 6, 25).
“Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Luca 9, 23).
“Rendete a Cesare quel che è di Cesare, e quel che è di Dio a Dio” (Luca 20, 23).
“Se vuoi essere perfetto va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi” (Matteo 19, 21).
“Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi e ciechi e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti” (Luca 14, 12-14).
“Questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti, infatti, hanno gettato parte del loro superfluo. Lei, invece, nella sua misura, vi ha gettato tutto quanto aveva per vivere” (Luca 21, 2).
“Se io, il Maestro e Signore, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri” (Giovanni 13, 14).
Amore infinito, perdono incondizionato, giustizia magnanime, povertà di vita, dedizione al servizio. Questo – e altro – mi chiede il Signore.
Come potrò dimostrargli la mia fiducia, a fronte di impegni tanto smisurati?
Come San Paolo sulla via di Damasco, la luce e le parole del Vangelo mi colpiscono, mi gettano a terra.
A terra. Terra, in latino “humus”. Umile, chi è prostrato a terra.
Questa è la condizione in cui io devo vivere l’Anno della Fede.
Nella più profonda umiltà; perché se io penso di vivere la Fede, la fiducia in Dio, non posso che prostrarmi umilmente davanti a Lui per chiedere, paradossalmente proprio a Lui, di aiutarmi ad avere fiducia in Lui.
Mi aiuta, in questo momento di confusione, di avvilimento, di fragilità estrema, il ricordo di un rasserenante passo de “Il Natale” di Don Primo Mazzolari :
“… Il Bambino sorride. Egli sa che il cuore dell’uomo viene avanti faticosamente come la primavera : oggi un fiore, domani un altro fiore; oggi una rondine, poi un’altra rondine. Così il cielo a sera : qui una stella, là un’altra e dopo tutto il cielo è una stella. A Natale la Speranza entra nel mondo e nel cuore dei poveri insieme al Bambino. E la Speranza, che è il Regno dei Cieli toccato col cuore, s’avvera alla stessa maniera. “Come un granello di senape, che un uomo prende e semina nel suo campo … Come un pugno di lievito, che una donna prende e nasconde in tre staia di farina”.
Gesù è venuto : sono tanti anni che è venuto, e noi non siamo ancora né giusti, nè buoni, nè pacifici, né misericordiosi; ma, perché lui è venuto, la giustizia, la bontà, la pace, la misericordia si affacciano oggi nel cuore e sul volto di ognuno, quasi un anticipo di quella gioia dietro cui sospirano i nostri cuori, e che ricchi e poveri veniamo a domandare al Povero del Presepio”.
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