Si susseguono i rapporti sulla fame nel mondo, tutti allarmanti, ma nei nostri paesi del benessere, se non con indifferenza, sono accolti con una inerte assuefazione. Le cifre sono poi di per sé sconvolgenti se riferite ai bambini: ogni anno la malnutrizione ne falcia più di 2,5 milioni. Si aggiungono le malattie, fattesi costantemente endemiche nei paesi del sottosviluppo. Nel 2011 dal centro logistico di Copenhagen dell’Unicef sono affluiti 2 miliardi e mezzo di dosi di vaccino, 30 milioni di farmaci antimalarici, 25 milioni di zanzariere, 347 milioni di compresse per purificare l’acqua contaminata. In 65 paesi si è fatto ricorso a 140 milioni di bustine di micronutrienti e alimenti terapeutici a favore dell’infanzia. Nel 2002 è stato creato dall’Onu il global fund per la lotta contro Aids, tubercolosi e malaria, ma la situazione si è maledettamente complicata a causa della crisi economica, che attanaglia il pianeta a far data dal 2009. L’Italia deve ancora al fondo 260 milioni di euro per il 2009 e il 2010 e abbiamo sospeso completamente i versamenti. La malnutrizione affligge particolarmente in Africa Niger, Ciad, Mali (dove è deflagrato recentemente un conflitto), Burkina Faso, Nigeria, Mauretania, Somalia (sempre soggetta al terrorismo islamico). A Haiti imperversa ancora il colera. Col risultato che malattie tropicali neglette vengono a costituire un rischio globale (virus e parassiti sbarcano in Europa).
La fame nel mondo vede cronicamente sottonutrite 870 milioni di persone (852 nei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo, mentre solo 16 appartengono alla nostra civiltà). Un certo recupero era intervenuto tra il 1990 e il 2007, ma ora la situazione si è negativamente stabilizzata. Tutto questo costituisce un assurdo di fronte alle opportunità tecnologiche offerte e alla ricerca applicata in continua evoluzione, come risulta da tante notizie eclatanti. Purtroppo la governance sia a livello di Stati sia globalmente si manifesta assolutamente inadeguata, onde la mancata valorizzazione di tanto potenziale umano e socioeconomico. Nel contempo si constata che l’uomo consuma con totale incoscienza le risorse del pianeta, verso cui il nostro debito cresce in progressione geometrica, col timore di non sostenibilità della domanda umana.
La crescita del settore agricolo deve essere curata specialmente nei paesi poveri, dove riveste un’importanza capitale in termini di microaziende, di iniziative fiorenti grazie soprattutto alle donne e al loro impegno, con incremento diffuso dell’occupazione. Qui decisivo si rivela lo sviluppo del microcredito. Non si tratta comunque soltanto di procurarsi quantità di beni, ma di rivolgere anche l’attenzione a migliorare la qualità della nutrizione in termini di diversità, valori nutritivi e sicurezza igienico-sanitaria degli alimenti. Di contro allarmano nei cosiddetti paesi civili fenomeni come l’obesità, il soprappeso con le malattie correlate. Le reti di protezione sociale sono di prima necessità.
Qualche dato consolante a chiusura. In Asia il numero delle persone che soffrono la fame è diminuito del 30% nonostante l’incremento demografico. Passi avanti si sono compiuti anche in America Latina e nei Caraibi. Peggiorato è invece il rapporto per quanto concerne il continente africano: da 175 milioni di sfortunati si è passati a ben 239: soffre la fame una persona su quattro. È ribaltata poi la situazione nell’Africa subsahariana, con aumenti del 2% all’anno. Anche nei paesi sviluppati si è invertita la tendenza, creando squilibri preoccupanti: rispetto ai tredici milioni di sofferenti del periodo2004-2006 se ne sono rilevati sedici nel periodo 2010-2012.
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