Si era iniziato da poco il nuovo anno quando il telefonino annunciò l’arrivo di un messaggio di Fabio, amico molto intelligente, cultore della luce sempre e comunque, a maggior ragione anche nel tempo più nero, e che si presenta senza grandi speranze, come i giorni nostri: “E se il 2013 fosse meraviglioso?”.
Un interrogativo augurale che è sembrato acqua di roccia, migliore delle bollicine che non erano riuscite a cancellare il retrogusto di timore e sfiducia del brindisi di mezzanotte.
Un augurio che merita riflessione: dove, come, quando le meraviglie possibili dell’anno neonato? Non certo nel presente e nel futuro di un Paese devastato dalla partitocrazia; forse allora in qualcosa di casa nostra, anche modesto ma concreto e come tale subito verificabile: per esempio talune scelte di istituzioni che incidono la loro parte sulla qualità della vita. È trascorso mezzo secolo da quando Varese e il suo territorio erano ai vertici nazionali delle classifiche.
I mutamenti sociali, la scarsa partecipazione dei cittadini alla gestione della res publica, lo scadimento dei profili dei singoli partiti, le difficoltà economiche hanno determinato la flessione verso il grigio anonimato della Varese regina degli Anni 60.
Oggi a causa della grande crisi internazionale che ha travolto l’Italia e la sua classe politica – nella quale non è facile individuare gli innocenti – non possiamo chiedere miracoli a Palazzo Estense, però abbiamo il diritto di essere accettati come compagni di viaggio in azioni e scelte che non abbiano a creare il dramma di interventi finanziari.
Di piccole cose che portano a risultati molto positivi ce ne sono parecchie. Ne scelgo una che giudico determinante per sostanza e immagine: la pulizia. Varese è sporca, spesso indecente e i “vunciun” siamo noi: già, a causa di pessime abitudini nate da una maleducazione di base non corretta o combattuta adeguatamente anche negli ambiti familiari e scolastici, oggi facciamo pessimo uso dei luoghi pubblici. È una maleducazione trasversale, non relativa ai ceti, è una forma di disordine culturale e mentale che rispecchia fedelmente la caduta di altri valori nell’ambito della società. Ecco perché alla fine del 2013 una Varese di nuovo pulita e accogliente sarebbe meravigliosa.
L’ospedale e l’Università sono due istituzioni, anzi due grandi aziende, che già fanno passi per dare concretezza all’auspicio di Fabio. Sembra che il “Circolo” al momento possa scampare al riformismo governativo della sanità, può peraltro fare scelte autonome in campo medico. Sarebbe meraviglioso che fossero felici come quelle dei tempi della grande storia di Villa Tamagno.
Felici e soprattutto spiegate alla gente. Ci si batte per recuperare il rapporto con una città che al suo ospedale ha sempre dato moltissimo: Varese ha già dimostrato attenzione ad alcune recenti iniziative, si faccia in modo di continuare con la stessa solarità riemersa grazie all’ex direttore generale Bergamaschi.
Alberto Coen, nuovo rettore dell’Insubria, della facoltà di Medicina e Chirurgia vuole conoscere bene tutto e a ogni tappa di questo suo percorso coinvolge l’apparato, suscitando interesse, voglia di partecipazione se non entusiasmo.
Una vera meraviglia, però il rettore sul tappeto si è trovato anche qualche questione spinosa dato che è entrata in azione la magistratura, mentre nelle classifiche al “Circolo” l’ateneo non ha ottenuto il massimo a cui ambiva.
Chiedere a tutte le Università la trasparenza, cioè la “pubblicità” tipica di un ospedale o di un comune, è impossibile: esse hanno regimi e statuti diversi e non a caso la loro è una diversità che nasce da un concentrato di scienza e cultura in grado di offrire un insostituibile servizio al Paese.
È vero, negli atenei si persegue il mito dell’infallibilità, ma forse perché ci sono abbastanza vicini.
A Varese non si sarebbe arrivati al contenzioso se qualcuno nel mito non si fosse rimirato. Per di più trovando consensi.
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