La festa più bella della nostra grande famiglia era il Santo Natale perché si rivivevano le tradizioni dei nonni, a loro volta tramandate dai loro genitori. Io e Claudio eravamo felici di trasmetterle alle nostre figlie. Ed era un evento speciale, vissuto con incanto e fascino a rimarcare il grande significato religioso della Nascita di Gesù che celebravamo sempre alla Santa Messa di mezzanotte. Erano tempi soprattutto per l’azienda di mio papà di molto lavoro e di grande relativo benessere. La festa del Santo Natale era una manifestazione di reciproco affetto ed amore tra genitori e figli, tra nonni e nipotine, tra noi fratelli e per Claudio accolto in famiglia come un altro figlio. I regali volevano essere una minima espressione di quanto avevamo ricevuto nell’educazione cristiana, nell’educazione da loro ricevuta, rispetto ed onore dei nostri genitori e nel riuscire bene a scuola che era il nostro compito principale.
La festa del Santo Natale era vissuta con euforia e grande allegria generale generata soprattutto dalle nostre tre bambine che vestivano il ruolo di protagoniste ed erano impazienti di vedere i numerosi regali di Babbo Natale ammucchiati sotto l’albero. La tavola era imbandita con il servizio più bello ed ornata da una tovaglia rossa con disegni di alloro per dieci persone di cui tre nostre bambine, che partecipavano da protagoniste credendo veramente a Gesù bambino e a Babbo Natale che portava i doni sotto il grande albero di natale sfavillante di luci e di fantasmagorici addobbi.
Il Pranzo che seguiva un ritmo preciso e ripetuto, i vini erano variati secondo le pietanze e scelte da mio papà grande intenditore, il rituale era costituito da portate servite ad orari pressappoco prestabiliti, tanto da stare a tavola dalle 13 circa sino alle 20 sempre divertendoci tantissimo con frizzi e lazzi e gustando con appetito tutte le varie specialità culinarie tradizionali. Si cominciava verso le una con l’aperitivo, poi venivano serviti gli antipasti in cui non mancava mai l’insalata russa ed il paté di fegato, poi si passava ai ravioli in brodo e al pollo lesso. E qui si interrompeva il pranzo per la prima pausa e allora si poteva cominciare ad aprire i regali prima per le bambine accumulati da Babbo Natale sotto un magnifico albero di alloro, allestito pieno di luci, ciondoli di cioccolato che compravamo in Svizzera e tante palle colorate, argentate e d’oro e numerosi altri addobbi che rendevano bene l’evidenza del nostro benessere.
I regali erano una gran quantità per tutti, ma i più numerosi erano per le nostre tre figlie perché essendo la nostra una grande famiglia numerosa con una grande parentela ciascuno di noi bambini e ragazzi e adulti ricevevamo tantissimi regali. Mi ricordo, quando ero già grandicella, un Natale per me un po’ amaro perché ricevetti una grande delusione in quanto avevo chiesto a Gesù Bambino la bicicletta, che invece fu regalata a Guido, mio fratello minore, ed a me una grande bambola che si andava ad aggiungere a numerose altre, ma ormai non era più per me il tempo delle bambole.
Riprendiamo il pranzo: a questo punto venivano serviti i cardi con il pollo lesso, preparati sempre con la ricetta segreta di mia mamma. Poi si faceva un’altra pausa ed erano già le quattro del pomeriggio ed era d’obbligo una pausa piuttosto lunga. Intanto io aiutavo la mamma a preparare le portate successive e a lavare i servizi già usati. Si giocava di solito ad un immenso puzzle di circa mille pezzi che ci impegnavamo a terminare la stessa giornata o si andava tutti a pattinare sul lago di Ghirla solitamente ghiacciato se la giornata lo permetteva. Ricordo che con Claudio e le bambine pattinavamo veloci sul lago con lo scricchiolio che simulava una rottura con nostro grande spavento dell’immensa distesa di ghiaccio, qualche volta quando mi capitava di cadere Claudio mi sollevava rubandomi un furtivo bacio, perché eravamo sempre molto innamorati, ed il nostro giovane amore vissuto nelle circostanze più varie e divertenti appariva a noi ancora più bello e grande di quanto potessimo immaginare. Ma prima di poter pattinare c’era il collaudatore ufficiale che misurava lo spessore del ghiaccio e vi si poteva accedere solo se era superiore ai venti centimetri, mentre i miei fratelli si divertivano con l’hockey su ghiaccio sino a sfiancarsi dalla fatica.
Arrivato il buio verso le cinque rientravamo per riprendere con il tacchino ripieno accompagnato da radicchio, con l’ultima pausa si arrivava infine già alle sette di sera. Seguiva il brindisi degli auguri con delle preziose bottiglie di Champagne di cui mio papà era vero intenditore con il panettone farcito di crema al mascarpone. Si vedeva che mio papà quel giorno era molto contento e lo compensava di tante amarezze vissute e di essere “pater familiae” a capo della tavolata imbandita per la grande festa del Natale che rappresentava per tutti noi. “Pater” di una grande famiglia che viveva in armonia e serenità la vita quotidiana e di cui il Natale era come un’espressione naturale del Natale che vivevamo tutti i giorni dell’anno nell’armonia e nel compimento dei nostri doveri. Claudio era deputato alla preparazione della crema di mascarpone perché riusciva a renderlo leggero e digeribile con il chiaro d’uovo sbattuto e un po’ di brandy, seguiva frutta secca e frutta fresca, finivamo verso le otto con il caffè, ma non ci sentivamo affatto stanche ad eccezione di mia mamma che si era accollata l’onere della preparazione e del servire con il mio aiuto.
Non sentivamo affatto di aver mangiato troppo perché con le pause tra un piatto e l’altro si aveva tutto il tempo di digerire bene quello che si era mangiato prima. Tra una portata e l’altra poi si giocava con i regali e le sorprese ed era una grande gioia e momento di grande festa. Ci si divertiva un mondo con i giochi ricevuti per l’occasione, che costituivano per noi ragazzi un’autentica sorpresa. Così abbiamo cercato di trasmettere questa tradizione alle nostre figlie che a loro volta l’anno trasmessa alle loro famiglie. Rendendo perpetua una festa grande piena di gioia e di sorprese che aveva accompagnato in nostro Santo Natale, nella nostra infanzia e nell’età giovanile e rendendolo indimenticabile ora a distanza di circa quarant’anni.
Il brano è tratto dalla biografia postuma di Alma Pizzi, direttrice dal novembre 2008 all’ottobre 2010 di RMFonline
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