Anche la data del 15 novembre fissata per la presentazione al Consiglio Comunale di Varese del progetto di Piano di Governo del Territorio è trascorsa senza esito, come del resto largamente previsto dagli addetti ai lavori. Ci informano che nell’apposita commissione è stato presentato il “Documento di Piano”, di valenza assai relativa, e non ancora i sostanziali “Piano delle Regole ” e “Piano dei Servizi”. Ben che vada si dovrebbe rimandare tutto al mese di aprile dell’anno venturo, quando ben si sa che l’ultima proroga (già la seconda) concessa dagli organi della Regione dovrebbe scadere il 31 dicembre prossimo. La Giunta spera ovviamente di ottenere una terza proroga. Un ritardo censurabile, quello dell’Amministrazione comunale del capoluogo, qualora si pensi che la legge istitutiva del PGT è del 2005 e che ben sette anni non sono stati sufficienti a chi governa la città per darsi lo strumento fondamentale al suo governo. Altri Comuni di importanza prossima a quello di Varese, vedi Bergamo, hanno approvato il loro PGT fin dal 2009. Ritardo censurabile e preoccupante perché dal prossimo gennaio potrebbero decadere tutti i vincoli e le norme del vigente Piano Regolatore Generale producendo un “liberi tutti ” con conseguenze non di poco conto. A questo punto dovrebbe ancora una volta venire in soccorso la Regione emanando una norma interpretativa tale da bloccare eventuali abusi e da permettere almeno l’esecuzione di opere di modesta portata. Va da sé che ogni intervento significativo di ampie dimensioni sarebbe necessariamente bloccato con ulteriore aggravio per settori economici già in crisi quali quello edilizio e dei lavori pubblici.
Il Documento di Piano, il solo presentato, fotografa tutti i dati statistici e dimensionali di base propedeutici al progetto programmatico, utili senza dubbio ma privi ovviamente di ogni indirizzo. Se non quello del collage di alcuni piani integrati già approvati o comunque già trattati come nel caso delle stazioni ferroviarie e della Piazza della Repubblica. Documenti questi le cui soluzioni sono tutte da precisare qualora si pensi alle già numerose rielaborazioni del Piano Stazioni, nato offrendo maggior peso alle opere e ai valori immobiliari connessi che non alla funzionalità ed alla intermodalità del servizio ferroviario. Insomma se i grattacieli sembrano tramontati, non così gli interventi massicci di cemento per improbabili centri direzionali e residenze di lusso. Il tutto sembra senza una adeguata valutazione dell’impatto che simili opere produrrebbero su tutto il resto della vita urbana ed in particolare della viabilità e dei trasporti.
Lo stesso discorso di necessaria profonda revisione varrebbe per quanto prospettato per la Piazza della Repubblica coi conseguenti problemi del recupero della caserma e del nuovo teatro. Il tutto presentato tempo fa con soluzioni forse discutibili ma quasi a portata di mano e poi rapidamente tramontate per disinteresse del capitale privato. Il quale, non lo si dimentichi, si attiva soltanto in vista di sicuri e consistenti ritorni economico-finanziari e per soluzioni che spesso contrastano con l’interesse generale.
In proposito va attivata una più che attenta valutazione dell’Amministrazione pubblica oggi sempre più difficile in quanto la forte esigenza di fare cassa può indurre facilmente in tentazioni lassiste. Lo confermano diversi Piani Integrati di recente approvazione.
Dal collage delle opere già definite dispiacerebbe inoltre che venissero già considerate immutabili certe scelte relative a grandi parcheggi, alla viabilità e ai trasporti cittadini. Di frequente vengono presentate opere che prese a sé non sembrano censurabili per la loro utilità. Tuttavia se non sono inserite e accordate in un contesto di altri provvedimenti tali opere sono destinate a sicuro fallimento anche dal punto di vista economico. Il discorso affrontato la scorsa settimana in ordine alla funicolare del Sacro Monte e alla collocazione dei parcheggi sembra assai significativo. Con i tempi che corrono nessuno dovrebbe permettersi sprechi di sorta, sia finanziari che ambientali.
La stessa cosa possiamo riferirla al programmato parcheggio all’interno di Villa Mylius nel quadro di un recupero della fruibilità del parco e della villa. Qualche attento consigliere comunale ha richiamato al rispetto delle leggi l’assessore che aveva proposto un piano per la realizzazione di qauarantasette posti macchina nel parco. Una “magra” micidiale per il proponente. C’è da domandarsi anche se il funzionario comunale responsabile della procedura abbia espresso un parere positivo dimostrando così ignoranza della materia, oppure se abbia ricordato all’assessore la non procedibilità e questa sia stata disattesa nascondendo una “furbata”. Responsabilità ancora più pesante. Questo in diritto. Nel merito varrebbe la pena denunciare l’inutilità dell’intervento. Nella vicina Via Veronese , all’ingresso ma fuori della Villa Mylius, basterebbe regolamentare la sosta delle auto posteggiate senza limiti di tempo per realizzare lo stesso numero di posti macchina. Sarebbe poi il caso di ricordare, magari a certe mamme che frequentano il parco coi loro bimbi, che qualche passo a piedi sarebbe salutare. A sessanta metri dall’entrata del parco, in Viale Aguggiari, transitano e si fermano gli autobus urbani di ben quattro linee ( A-B-C-Z) che collegano tutte le zone cittadine. Perché non utilizzarle?
Ultimo, ma non ultimo nella lunga serie di sprechi di denaro e di ambiente è il parcheggio voluto sotto il Parco di Villa Augusta al servizio del futuro Ospedale del Bambino, quando un parcheggio a raso, pochi metri più in là si potrebbe realizzare nel campo sportivo. Ma qui la questione del parcheggio che distrugge un parco, è ancora più grave in quanto correlata al cosiddetto Ponte del Sorriso. In realtà un Ponte dello spreco. Si abbattono padiglioni, il Vedani di costruzione relativamente recente, per fare nel già soffocato centro di Giubiano un nuovo ospedale, mentre a mille metri di distanza interi padiglioni dell’Ospedale di Circolo sono in abbandono. Inutilizzati.
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