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Attualità

VARESE, STORIA DELLA CITTÀ E IPOTESI SUL FUTURO

CESARE CHIERICATI - 30/11/2012

Se Varese ha perso, come effettivamente ha perso, il suo impianto a giardini di buona parte del centro storico, lo si deve all’applicazione della colonna 9 delle ‘Norme urbanistiche-edilizie’.

Detto così sembra lo spunto per un nuovo libro giallo a sfondo edilizio che potrebbe, non sappiamo quanto utilmente aggiungersi, alla fioritura di genere in corso anche ai piedi delle Prealpi, ma nel caso in esame fantasia e cosiddetta scrittura ‘creativa’ c’entrano molto poco. C’entra assai invece la propensione alla speculazione fondiaria che scosse l’Italia intera dalla fine degli anni ’50 su fino a tutti gli anni ’80. Trent’anni che hanno mutato in peggio il volto del paese in assenza o quasi di una riflessione complessiva su quale dovesse essere il destino delle sue città, dei suoi borghi, delle sue campagne, delle sue acque. Gli strumenti del furore edilizio generalizzato furono molti e spesso complicati. A Varese invece prevalse la semplicità, tipicamente bosina, indotta dalla ‘colonna 9’ che ha consentito fino a tutto il 1965 la costruzione di edifici senza tenere conto delle altezze di altri fabbricati circostanti. È cosi accaduto che in zone dove la regola erano palazzine o ville di due piani spuntassero palazzi, quasi sempre di scarsa qualità, di cinque o sei. E come se non bastasse con delibera del consiglio comunale si poteva andare oltre la colonna 9 e aumentare ancora il numero dei piani. Come esempio di questo mal andazzo, peraltro condiviso da quasi tutte le forze politiche e imprenditoriali del tempo, basta dare un’occhiata a quanto è accaduto in via Cavour piuttosto che in via Milano, in via Dandolo e in tanti altri altrove cittadini che hanno perduto la loro decorosa fisionomia.

A descriverci questo e altri guasti della crescita di Varese è l’architetto Ovidio Cazzola, professionista di sperimentata esperienza,già pubblico amministratore, collaboratore di RMFonline, nel libro di freschissima uscita Varese la costruzione della città storia e possibile futuro. Si tratta di una ricognizione attenta, puntigliosa, documentatissima (anche di immagini) sulla crescita della città giardino a partire dalla seconda metà dell’ottocento fino ai giorni nostri. Un viaggio ricco di fatti e suggestioni che consente al lettore la scoperta di uomini (ingegneri, architetti, imprenditori, politici, tecnici comunali) capaci, pur fra mille difficoltà, di operare scelte coraggiose che hanno lasciato un segno indelebile nel panorama urbano prebellico della città. Gli esiti di quelle scelte Cazzola le analizza in dettaglio, le valuta in funzione del peso che hanno esercitato nella definizione di Varese: le stazioni ferroviarie, i cimiteri, gli ospedali, i grandi alberghi (Grand Hotel Campo dei Fiori e Colle Campigli), le funicolari raccordate alle tramvie, l’edilizia popolare di viale dei Mille e di via Crispi, Piazza Monte Grappa che ridefinì secondo un progetto organico il centro cittadino; strade nuove ed edifici monumentali, alcuni di qualità. Poi il secondo dopoguerra scandito da pi

ani regolatori improbabili quanto permissivi, lo stravolgimento di interi pezzi di città, l’episodicità ricorrente delle scelte urbanistiche, le occasioni architettonicamente mancate come il nuovo ospedale, il complesso universitario, la viabilità sempre più precaria, il teatro che non c’è. E infine le riflessioni di Anna, un espediente letterario utilizzato dall’autore per riflettere sulle prospettive possibili per recuperare il tempo perduto in un’ottica finalmente sovraccomunale.

Il libro di Cazzola, organico strumento di conoscenza urbanistica, è una profonda riflessione su Varese ma anche un gesto di amore verso questa nostra città dei laghi. Un’ultima qualità del libro: la scrittura rapida, essenziale, senza pericolosi cedimenti all’architettese che di questi tempi fa tendenza.

nelle foto immagini della vecchia Varese dal libro Varese la costruzione della città storia e possibile futuro

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