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Libri

STORIA DELLA SCUOLA IN VALCUVIA

ANNALISA MOTTA - 23/11/2012

La curiosità come maestra di vita, la scuola come maestra di democrazia: potremmo riassumere così la dotta introduzione del professor Roberto Radice al libro fresco di stampa degli studiosi Margherita Macchi Morandi e Giuseppe Musumeci (“La scuola pubblica e privata in Valcuvia tra ‘700 e ‘800”, edizioni Marwan), che ripercorre la nascita e lo sviluppo della scuola pubblica e privata nei ventun comuni della Valcuvia storica. La ricerca è stata lunga e sofferta, un lavoro certosino e sistematico negli archivi locali, diocesani, di Stato, per ricostruire le vicende non sempre felici della scuola primaria in un territorio periferico ma vivace e sensibile quale la terra valcuviana, dalla fine del’700 all’inizio del secolo scorso.

Il volume è un passaggio obbligato per chi si interessi di storia locale: la ricostruzione puntuale del nascere e dello svilupparsi dell’istruzione in comuni piccoli e non sempre ricchi, dove gli abitanti si dedicavano all’agricoltura e all’allevamento, spesso migrando stagionalmente all’estero, è una chiave preziosa per comprendere le dinamiche storiche sociali e culturali del nord del Varesotto. Ma il libro è di piacevole lettura anche solo per i curiosi e gli appassionati, ricco com’è di fotografie d’epoca – molte inedite -, di riproduzione di documenti, di aneddoti curiosi e singolari. Interessante ad esempio scoprire il ruolo della Chiesa nella nascita delle prime scuole, in alcuni casi addirittura a partire dal ‘600 (come ad Azzio, dove esisteva una importante comunità conventuale) su invito pressante dei Vescovi; e la scelta, poi, da parte dei Comuni – a cui spettava l’onere dell’istituzione – di confermare come insegnanti i parroci, perché costavano poco o nulla. Alcuni dati dipingono uno spaccato della realtà sociale e familiare dell’epoca, con una forte componente di lavoro minorile, tanto da costringere alcuni comuni a chiudere la scuola da aprile a novembre per mancanza di allievi. Viceversa emerge un’attenzione alla formazione professionale, con l’istituzione, in alcuni borghi, grazie anche alla munificenza di famiglie abbienti, di scuole serali “perché i giovani si facciano onore all’estero” emigrando in cerca di lavoro.

Ma il passato è in continuità straordinaria con il presente, tanto da ritrovare nella vita di duecento anni fa difficoltà e problemi simili o identici a quelli di oggi: i fondi insufficienti per gestire al meglio la scuola, la diatriba tra amministrazioni comunali e autorità scolastiche sullo stipendio ai maestri, il trattamento discriminatorio delle insegnanti donne, la inderogabile necessità di contributi statali per la costruzione delle scuole, la lamentata insufficienza di formazione per gli insegnanti,

la priorità data dai comuni a spese più impellenti rispetto a quelle “culturali”, in primis la manutenzione delle strade. Il tutto scritto con grande passione e partecipazione. Gli autori, entrambi insegnanti in pensione, sono partiti infatti da un interesse personale: l’amore per la scuola, le vicende di un bisnonno, l’amicizia con il compianto studioso Giancarlo Peregalli, di cui ricorre quest’anno il decennale della morte. Poi il lavoro si è ampliato, si è arricchito e ha trovato un epilogo provvisorio: l’auspicio, oggi, è di trovare giovani studiosi che proseguano la ricerca per completare la storia dell’istruzione in Valcuvia.

Il volume, che viene presentato il 29 novembre al Museo Bodini di Gemonio, è stato realizzato grazie al “Centro Studi e Documentazione per la Valcuvia e l’Alto Varesotto Giancarlo Peregalli”, al quale può essere richiesto (www.archiviostoricovalcuvia.org).

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