La civiltà contadina, la Linea Cadorna, la battaglia partigiana di monte San Martino. Tutto in un museo multimediale, di taglio avveniristico e di moderna concezione, denominato in modo un po’ deviante e burocratico “Centro Documentale Frontiera Nord Linea Cadorna”, dotato di sei sale espositive con le tecnologie più moderne, opera fortemente voluta dal piccolo, efficiente Comune di Cassano Valcuvia e sostenuta finanziariamente dall’amministrazione civica retta dal sindaco dottor Marco Magrini, dalla Regione Lombardia, dalla Fondazione Cariplo e dalla Comunità delle Valli del Verbano.
Dal 18 novembre questo monumento alla sapienza e alla conoscenza del vissuto sarà aperto al pubblico. Diviso in sezioni tematiche, propone, attraverso centinaia di filmati, documenti, fotografie, una realtà storiografica affascinante.
In un momento in cui la dispersione del denaro pubblico, la cancellazione della memoria storica, il pessimo uso del territorio con vergognose e oscure proposte sono realtà ricorrenti (bastino per capirci i parcheggi proposti dalla Giunta municipale di Varese nella fragile natura di villa Augusta e di villa Mylius), l’iniziativa di Cassano Valcuvia, frutto di anni di lavoro, esalta il buon uso del denaro pubblico e suggerisce il modo corretto di organizzare cultura di base e fare vivere la storia, strappandola alla retorica e alla leggenda, ingredienti che non fanno mai bene alla verità.
Il regista bergamasco Franco Roma, geniale realizzatore dell’opera sita nell’edificio donato dalla famiglia del cassanese ingegner Carlo Giani in memoria del fratello, il dottor Marco Giani, ventiquattro anni, partigiano della Divisione “Valdossola” caduto nell’autunno del ’44 in difesa della Libera Repubblica, ha operato su tre livelli, con straordinaria perizia, utilizzando strumenti in grado di proporre le tematiche con sicura efficacia. Le sale multimediali sono dotate di circuiti televisivi, pannelli iconografici, sistemi audiovisivi, punti informativi interattivi, montaggi di gigantografie, cuffie personalizzate per l’ascolto.
All’interno della struttura si trovano inoltre la biblioteca, l’archivio documentale digitalizzato, fruibile da parte dei visitatori e, al piano terra, il punto informativo e quello della Strada dei Sapori delle Valli varesine, una vera sorpresa con una gamma di prodotti estranei al grande mercato.
Un prezioso modello di ciò che si può creare, lasciando alle spalle le ammuffite e poco appetibili immagini dei musei tradizionali con un’offerta interdisciplinare culturale e didattica.
La civiltà contadina racconta la storia secolare delle genti delle valli locali, gli usi per lavorare la terra e raccoglierne i frutti, i costumi, le lotte, sorretta dalla ricostruzione scientifica compiuta da un’équipe dell’Università di Milano. Il tema esplora anche la geomorfologia, il mondo della flora e della fauna, suggerisce, attraverso immagini e suoni, la realtà boschiva, indica i mutamenti avvenuti nel tempo, esalta il sacrificio delle genti contadine legate alla loro terra come obiettivo primario. Un lungo e affascinante itinerario attraverso la natura su un crinale montano rimasto intatto negli anni.
La Linea Cadorna. Il sistema difensivo militare costruito all’epoca della Grande Guerra che prende il nome dall’omonimo generale, ripulito nel tratto vallivo, percorribile, offre lo spaccato di un’opera gigantesca, incredibile per il momento storico, costruita con immane fatica ma soprattutto con l’ardore di chi sapeva di porre in essere uno strumento in grado di respingere il nemico che avesse voluto attaccare il Paese. Si rimane quasi attoniti di fronte al monumento che il Centro museale consente, con carte, progetti, fotografie, di percorrere, valutare, comprendere in ogni aspetto. I visitatori possono essere accompagnati lungo il tragitto e nelle gallerie oltre che da un’esposizione iconografica e multimediale anche con l’ausilio di una audio video-guida.
La terza parte è dedicata alla pagina più vicina a noi nel tempo, un capitolo della recente storia d’Italia, analizzato alla luce dei più recenti studi storiografici, destinati a ripulire l’evento dalle incrostazioni reducistiche-patriottarde così lontane dalla verità, affronta la battaglia che il “Gruppo 5 Giornate” del tenente colonnello dei bersaglieri Carlo Croce, medaglia d’oro al Valor Militare, affrontò fra il 14 e il 15 novembre 1943 in campo aperto contro i nazifascisti. Un gesto certamente eroico con tratti risorgimentali (la vetta fu denominata non a caso Zona d’Onore) ma un errore strategico sul piano militare che costò la vita a decine di uomini e provocò la fuga dei superstiti (fra loro Croce) nella vicina Svizzera.
Quella che gli storici inquadrano come la Resistenza passiva privilegiando una “lettura” attendista e l’arrivo degli Alleati, subì sulla montagna varesina una dura, inevitabile punizione.
Alcuni fondi privati, fra cui quello della famiglia Croce, carteggi inediti e immagini fotografiche, hanno costituito la base fondamentale per ricostruire la storia della formazione militare autonoma, formata da un centinaio di civili, militari ed ex prigionieri alleati fuggiti all’armistizio dai campi di Mussolini disseminati nell’Italia del Nord. Prezioso per la sua rarità il diario della “Guardia di Frontiera tedesca” tratto da un rullino fotografico ritrovato nelle tasche di un soldato del Reich, caduto nel Biellese, in cui sono fissati, giorno per giorno, le fasi della preparazione dell’attacco studiato con le autorità della Repubblica Sociale Italiana alla Prefettura di Varese, sulla base di contributi informativi ricevuti da numerosi delatori.
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