È ripresa a Varese, tra le forze politiche rappresentate in Consiglio Comunale, una infuocata polemica sul PGT (piano di governo del territorio) o meglio sui ritardi di detto PGT. Si tratta in poche parole di un piano di estrema importanza, previsto da normative ormai non più recentissime, che dovrebbe sostituire le vecchie impostazioni dei Piani Regolatori Generali, strumenti appunto di programmazione territoriale nel periodo medio-lungo. Se ne parla da tempo, un paio di anni sono trascorsi tra studi da parte dei tecnici ed incontri (pochi) di amministratori pubblici con rappresentanze sociali e professionali cittadine. Ora siamo ormai a tempi strettissimi. Tra poche settimane scadono i termini ed il documento programmatorio non è stato ancora presentato all’esame del Consiglio Comunale per l’adozione di sua competenza.
Le conseguenze di questo ritardo potrebbero essere pesanti: i poteri di approvazione del piano potrebbero essere affidati ad un Commissario, ma sopratutto, si paventa il gravissimo pericolo che, trascorsi inutilmente i termini dati dalla legge, decadano tutti i vincoli e le norme del vigente Piano Regolatore Generale. Un danno enorme per la città facilmente valutabile anche da chi non possieda preparazione in materia. Per queste ragioni, superati senza effetto le varie scadenze intermedie che pure le commissioni consiliari si erano imposte, i rappresentanti delle opposizioni hanno richiamato sul tema la massima attenzione del Sindaco e della Giunta. Non essendo chiari i motivi dell’estremo ritardo sono state chieste le dimissioni dell’Assessore competente (si dice così, ma la “competenza” è stata fortemente messa in dubbio) e addirittura è stato proposto al Sindaco di assumere personalmente le deleghe all’Urbanistica per uscire dalle secche attuali.
Dopo gli ultimi strattoni polemici è assai probabile che prima della fine di novembre il progetto di PGT approdi finalmente in Consiglio per evitare sopratutto le conseguenze più deleterie a danno della città. Tuttavia la ristrettezza dei tempi a disposizione impedirà ancora una volta di coinvolgere i cittadini nella discussione e nelle scelte che dovranno segnare la loro vita per gli anni a venire. Un errore di metodo, non nuovo per la verità, e che chi scrive ha vissuto spiacevolmente in passato in parecchie occasioni similari dai banchi del Consiglio Comunale. Progetti di Piani Regolatori Generali preparati da tecnici chiusi nei loro convincimenti, passati al rapido esame di rappresentanze di ordini professionali e di associazioni economiche, quale simulacro di “partecipazione” democratica. Il tutto proposto dai partiti di maggioranza, talvolta purtroppo, non nascondiamolo, con qualche recondito interesse di amici intraprendenti. Programmi di indirizzo dello sviluppo che passavano sopra la testa degli amministrati, disinformati, non partecipi, non sollecitati ad esserlo. Le uniche e scarse notizie venivano dalle pagine del quotidiano locale.
Il risultato di tutto questo si poteva poi constatare al momento della discussione in Consiglio Comunale. Tra il pubblico soltanto individui o gruppi vocianti a protestare per qualche anche piccolo interesse privato leso dalle previsioni di piano. Benissimo una nuova scuola, un parco od una campo sportivo ma… un po’ più in là non su un pezzetto del mio terreno. Necessario migliorare la viabilità, ma l’allargamento facciamolo non sulla mia strada… e il traffico spostiamolo lì vicino… E poi, perché sul mio terreno una volumetria così bassa ? Quante volte, con il solito “pugno di voti” si è ottenuta ragione attraverso proteste pretestuose ed anti civiche. Tutto questo senza parlare delle “gentili” pressioni sui singoli amministratori comunali. Di cui fortunatamente non sono stato mai oggetto di persona data la mia mancanza di “potere” come oppositore.
Mai visto mobilitarsi alcun gruppo di cittadini (e potevano essere migliaia i beneficiati da specifiche previsioni) a difesa di un’opera pubblica o di un indirizzo di interesse generale. Disinformazione? Disinteresse civico? Irriconoscenza?
Talvolta anche vincoli in previsione di concreti servizi ottenuti da un PRG sono stati successivamente cancellati da revisioni successive rimaste senza risposta proprio dai beneficiari. Penso ad esempio a quella vasta area a Sant’Ambrogio, posta tra la via Bicocca ed il quartiere Sangallo, vincolata a suo tempo per impianti sportivi e successivamente cassata per destinarla ad attività agricole. Senza l’alzarsi di voci di protesta neppure dalle società sportive di Sant’Ambrogio e della Rasa costrette a giocare a calcio addirittura sul campo comunale di Calcinate del Pesce, lontane da ogni partecipazione e coinvolgimento degli appassionati dei quartieri a nord della Città. Così laddove dovevano sorgere campi di calcio, di pallavolo, di pallacanestro è stato concesso un bel “ritorno” all’agricoltura. Cosa apparentemente encomiabile, pur se diretta ad una “vocazione” ormai abbandonata a Varese. Se non che la vecchia cascina con le antiche stalle che ospitavano mucche è stata presto trasformata in un lussuoso condominio mentre la grande area a prato vedrà sorgere la house di un circolo esclusivo con rimesse al servizio di un maneggio. Non male come attività agricole!
Difetto metodologico più grave sembra l’esclusione da ogni momento di partecipazione alla costruzione del PGT dei cittadini che in gran parte vivono in castellanze e quartieri della città (nel centro storico l’abulia commerciale e direzionale ha quasi annullato le residenze). Le teste d’uovo che studiano il piano offriranno poi, tramite le forze politiche al potere comunale, i frutti del loro sapere sulle teste dei cittadini. Perché non rovesciare questa piramide? Perché non partire da incontri nei rioni in ogni possibile punto comunitario dei cittadini: parrocchie, oratori, circoli cooperativi, associazioni sportive, culturali eccetera cioè da tutto quello che si muove nella città, e qui raccogliere idee, proposte, necessità reali da trasmetterle ai programmatori? La cui funzione importante rimarrebbe di elaborazione delle necessità segnalate e di verifica sul campo delle loro personali impostazioni teoretiche. Il tempo per tutto questo, il tempo per la partecipazione reale, pare ormai scaduto. Sprecato, pur nel lungo periodo a disposizione. Potrà essere recuperato in qualche modo dopo la presentazione del PGT in Consiglio Comunale? Ben difficilmente, ma se ci sarà la cosiddetta volontà politica, si potrà almeno tentare. La questione del metodo nell’impostazione del piano dovrebbe sempre avere priorità sulle “vocazioni” e sul merito dei tanti problemi da affrontare. Senza partecipazione ogni piano nasce sicuramente zoppo.
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