Ho trascorso un fine settimana in Baviera, dove l’autunno colora boschi e giardini con vistose pennellate di giallo e di rosso tra il verde cupo dei pini e fa cadere, incessante, le foglie con giri leggeri di danza.
Con alcuni amici abbiamo riletto la poesia di Rainer Maria Rilke, intitolata appunto Autunno.
Le foglie cadono da lontano, quasi
giardini remoti sfiorissero nei cieli;
con un gesto che nega cadono le foglie.
Ed ogni notte pesante la terra
cade dagli astri nella solitudine.
Tutti cadiamo. Cade questa mano,
e ogni altra mano che tu vedi.
Ma tutte queste cose che cadono, Qualcuno
con dolcezza infinita le tiene nella mano.
Le foglie cadono e poi marciscono e gli alberi si spogliano per mostrare la loro essenza al gelo dell’inverno, ma si preparano ad una nuova primavera, che rallegrerà ancora una volta il mondo con il verde tenero delle gemme.
Ma questo umano che vediamo cadere e decadere?
Rilke intuisce che le cose umane non cadono nel vuoto, perché Qualcuno con dolcezza infinita le tiene nella mano. Ma questa mano dolce ci ridarà vita?
Vengono alla mente i versi di un altro poeta, Milosz, che al termine della sua opera teatrale Miguel Mañara fa dire al frate giardiniere di fronte al corpo senza vita di Don Miguel:
Ora, sono solo nel mezzo dei vivi, come il ramo nudo il cui rumore secco fa paura al vento della sera. Ma il mio cuore è lieto come il nido che si ricorda e come la terra che spera sotto la neve.
Un cuore lieto, ecco il frutto sorprendente di quella mano dolce che sostiene.
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