Dell’ascesa e della caduta (ma è proprio così?) di Umberto Bossi, dalla sua nascita in quel di Soiano, frazione di Cassano Magnago, fino alle tribolazioni per le imprese del Trota, scrivono in un libro – L’Illusionista, pubblicato da Chiare Lettere – tre giornalisti dalla penna facile e pungente: Pino Corrias, già inviato della Stampa di Torino e oggi dirigente Rai, Renato Pezzini del Messaggero e Marco Travaglio, il famoso polemico cronista (sempre ben documentato), maestro nel giornalismo di denuncia, attuale vicedirettore del Fatto Quotidiano.
Qui, nel Varesotto la vita di Bossi non ha (non dovrebbe avere) segreti. Si sa bene di quando il non ancora Senatùr girovagava per bar a caccia di pulzelle e di svaghi, pronto a bastonare a morte l’inventore del lavoro, qualora l’avesse trovato. Del suo incontro con la bella Gigliola Guidali, sorella di Giorgio, astro nascente del basket locale, delle sue finte feste di laurea (alla fidanzata e poi moglie aveva raccontato d’essere prossimo alla laurea in medicina), della nascita del primo figlio Riccardo – attuale corridore di rally automobilistici – della rottura del matrimonio… Dell’amicizia con Bruno Salvadori, fondatore e ideatore dell’Union Valdotaine, e della passionaccia politica in chiave di autonomie, federalismi e quant’altro… Della fortuna capitatagli, quasi inaspettatamente, nel momento più cupo della vita (solo squattrinato senza prospettive di sorta) e del prodigioso recupero dovuto alla chiamata romana (siamo nel 1987) e a un nuovo incontro – quello con la maestra siculo-varesina Manuela Marrone –, quindi del nuovo matrimonio, della nascita di altri tre figli maschi (Renzo detto il Trota, così battezzato dal papà che non voleva equipararlo a un Delfino, di Roberto Libertà e di Eridano Sirio), degli straordinari successi politici (con il Berlusca, senza Berlusca, con Miglio, senza Miglio, di nuovo con il Berlusca, ministro, stratega, padre poco accorto e infine soppiantato dal fido Maroni che impugna la ramazza…).
Comunque siano andate le cose, il Senatùr (diventato in seguito anche Onoréul, e poi di nuovo Senatùr) qualche medaglietta ha potuto appuntarsela al petto; e i libri a lui dedicati, compreso quest’ultimo di Corrias, Pezzini e Travaglio, si sono ammucchiati sugli scaffali. Non tutti apologetici, va bè, ma forse con certe premesse c’era da aspettarselo. Poi, come una nemesi, un giorno arrivò la malattia. Il vigoroso Senatùr perse il controllo della situazione. Anche familiare. E venne travolto.
Uno dei suoi pupilli entrato in RAI, Antonio Marano (peraltro di origine foggiana), qualche tempo fa, diceva che se negli anni Sessanta il Varesotto era da ricordare per le imprese di Giovanni Borghi – Mister Ignis – o per le scarpe o per la squadra di pallacanestro, poi negli anni Ottanta, Novanta e oltre sarebbe passato alla storia soltanto come patria di Umberto Bossi.
Proprio così, purtroppo e per fortuna. L’una e l’altra cosa in verità. E una spiegazione – è un’opinione personale – bisogna pur darla. La fortuna (elettorale) la Lega, qui nel Nord, l’ha anche affermata con un vasto reticolo di amicizie, con un lavorìo di interessi, elargendo favori, aiuti. Agli industriali e agli industrialotti, agli intellettuali la Lega ha sempre concesso un utile laissez faire; la cosiddetta egemonia del potere, come una volta qui assicurava la Democrazia Cristiana o, nelle regioni rosse, il Partito Comunista. Gli altri – i semplici e sempliciotti, i famosi proletari da bar – hanno visto in Bossi nient’altro che la loro incarnazione, sé stessi, e gli hanno sempre dato credito, accettandone tutto: le balle, le smargiassate, la farneticazioni.
Adesso che il partito è nelle mani di un cauto Bobo Maroni – l’eterno apprendista diventato finalmente stregone, come scrivono Corrias, Pezzini e Travaglio – e di qualche altro personaggio old style che potrebbe tutt’al più essere un buon compagno per un fine settimana all’Oktober fest, ma senza il carisma dell’Umberto, si sta ricercando una via d’uscita. Può darsi che la cosa riesca. Chissà.
Per il Senatùr riscattarsi e risollevarsi con nuove illusioni è dura, e ancora di più ogni giorno che passa.
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