Egregio Direttore,
condivido in parte le considerazioni di Luisa Oprandi nell’ultimo suo articolo su Rmfonline. Mi sembrano strane però fatte da lei: alle ultime elezioni per i voti raccolti doveva essere la leader del suo partito/coalizione, invece ha dovuto fare un passo indietro ” per il bene del partito” deludendo molti suoi elettori.
Fernando Cova
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Caro Cova, la ringrazio per la domanda, lecita, che pone alla attenzione del Direttore e anche mia. Per quanto riguarda il fatto che non abbia fatto il capogruppo del mio partito, come sarebbe stato logico e anche rispettoso del voto dei cittadini, posso dirle che personalmente ho sostenuto anche io che l’incarico alla sottoscritta di capogruppo fosse invece la scelta giusta e al mio fianco ho avuto anche diverse persone nel PD (penso a Paolo Rossi e Alessandro Alfieri).
Ma la scelta della segreteria cittadina è stata che il capogruppo lo dovessero decidere i sette consiglieri del PD eletti in consiglio (quindi Mirabelli, Corbetta, Miedico, Infortuna, Conte, Civati e la sottoscritta). Sette persone hanno quindi votato: solo io e Andrea Civati abbiamo votato per me. Gli altri cinque hanno deciso che fosse Mirabelli il capogruppo.
Quindi, certamente e come ha capito bene, che “sia il partito” non vuole dire nulla in molte situazioni. E’ una perifrasi per dire che qualcuno, in qualche grande o piccolo vertice decide e poi trasforma in finta democrazia le proprie decisioni. Vale per la Lega in questa situazione attuale e vale anche per tante altre occasioni, compresa la mia vicenda, sicuramente.
Anche nel caso della mia presenza in consiglio provinciale ci sono state nel mio partito polemiche: dopo 20 anni, per la prima volta, la nostra città aveva espresso due consiglieri del capoluogo (Di Toro e la sottoscritta), prendendo voti in collegi uninominali. Ebbene, anche in quel caso, solo a me nel PD alcuni hanno chiesto di rinunciare all’incarico di consigliere provinciale per fare entrare in consiglio il primo dei non eletti, che comunque era sindaco di un paese della nostra provincia.
In quel caso ho potuto decidere e non ho fatto quel che ha detto il partito: non c’era nessun organismo che avrebbe potuto a votare le mie dimissioni, visto che non esisteva incompatibilità e il PD aveva in provincia altri consiglieri che erano sindaci e assessori altrove.
Ho quindi optato per rinunciare al gettone di presenza in provincia che è più del doppio di quello comunale. La decisione di scegliere quale compenso prendere (o l’uno o l’altro dei gettoni di presenza ) è obbligatoria ma spetta solo se si è anche consigliere comunale, non se si è anche sindaco o assessore altrove. Nel secondo caso, sia chiaro, sindaco e assessore hanno uno stipendio mensile….Eppure è così.
Potendo decidere ho scelto per il minor costo alla collettività, che per me avrebbe sborsato di più pagando il mio gettone di consigliere provinciale che non di consigliere comunale.
La ringrazio e la saluto cordialmente
Luisa Oprandi
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