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Attualità

VARESE-BERLINO ANDATA E RITORNO

CARLA TOCCHETTI - 19/10/2012

L’opportunità di una visita di pochi giorni può indicare al turista non superficiale quale sia il segreto della crescita disordinata, affascinante, e tuttora in corso, di Berlino. La rinascita di quella città, che fu distrutta e spaccata in due, testimonia che il germe dello sviluppo e del futuro dipende dai valori che la società coltiva. Come varesini dibattuti nella crisi, ma che sognano un rilancio della città e della provincia, abbiamo trovato nella visita di Berlino molti spunti su cui riflettere.

Nessuna città europea ci mostra, come Berlino fa, quale sia la portata della decadenza di valori nella storia umana. Nata dalla visione di un grande regnante, che voleva costruire una nuova “culla dell’umanità”, Berlino mostra ancora oggi un impianto urbanistico celebrativo: chilometrici viali alberati che tagliano l’abitato (Unter den Linden), parchi in cui si cacciava a cavallo (Tiergarten), imponenti residenze e chiese nel centro (Mitte) e una grandiosa porta di uscita per i castelli di villeggiatura (Brandeburger Tor), un’area insulare all’incrocio tra i due bracci del fiume (Inselmuseum) dedicata a musei con i reperti archeologici più prestigiosi al mondo… Qui, il turista resta senza fiato davanti alla “vera” porta di entrata di Ishtar, dell’antica città di Babilonia, o varcando l’ingresso colonnato del mercato romano di Mileto, o salendo i gradoni dell’altare sacrificale di Pergamon… Ma è giusto voler strappare via da un territorio la sua storia più preziosa, credendosi armati di una civiltà “superiore”?

L’idea di supremazia di un popolo rispetto ad altri può avere esiti terribili: del mito dell’identità germanica approfittò Hitler, uno scaltro politico entrato nelle grazie dei regnanti in un momento di grande difficoltà storica e sociale. Nei precedenti cento anni lo sviluppo demografico e urbanistico nella città, dovuto alla trasformazione industriale, era esploso e finito fuori controllo. La popolazione da poche decine di migliaia era passata a due milioni, attraendo immigrati che costituivano perlopiù una classe operaia privata dei più elementari diritti.  Che cosa può succedere quando non si riescono a ridiscutere i privilegi della casta e si acuisce lo scontro sociale?

Con il favore dei governanti, Hitler acquisì un ruolo da “tecnico”, fece approvare leggi che rendevano “più semplice prendere decisioni senza consultare democraticamente i rappresentanti eletti dal popolo” (l’identica frase è stata una boutade estiva di Mario Monti prontamente stigmatizzata dal governo della Merkel). L’eliminazione dell’avversario avvenne su basi sempre più arbitrarie: vittime della furia nazista furono non solo gli ebrei, ma anche politici di fazione avversa, e i “meno integrabili” nel sistema, come stranieri, omosessuali, donne sole. La Germania finì per pagare con la Guerra l’escalation di tale violenza sociale: Berlino uscì dallo scenario post-bellico sprofondata in un disastro economico, rasa al suolo per il settantacinque per cento della sua estensione, e assurdamente spaccata tra Est – Ovest.

Ma il popolo tedesco voleva avviare una nuova era. E per realizzarla si doveva prendere coscienza che le storture dittatoriali, sia di destra sia di sinistra, si affermano quando i valori della comunità sono deboli. Via i giochi di ruolo, via i machiavellismi politici! La democrazia tornò a essere una condizione sentita da ogni singolo cittadino, i rappresentanti eletti avevano una missione importantissima: il riscatto e la rinascita del Paese. Posto questo ideale comune, sacrifici e operosità dei singoli vennero offerte con generosità: “Nessuno al mondo lavora così tanto e così duramente come i tedeschi” (H. Arendt, 1950). Anche i varesini in epoche passate, poco prosperose ma molto aperte all’intraprendenza dei singoli e alla sussidiarietà, misero in gioco laboriosità, spirito imprenditoriale e risorse economiche per contribuire a rendere più attraente il territorio…

Per venti anni restò ancora da abbattere il Muro, barriera mortifera tra abitanti di una stessa città, poi Berlino fu riunificata e per la seconda volta fu avviata la ricostruzione, che fu prodigiosamente rapida.

Oggi Berlino si presenta vivissima nella sua disomogeneità; le diversità sono state trasformate in opportunità: i migliori archistar del pianeta sono stati invitati ad arricchire la città con il loro pensiero cosmopolita (si pensi all’infilata di palazzi-design nella zona delle Ambasciate e ai quartieri creati per attrarre business internazionale e ospitare il cuore della comunicazione … Arditissima la spigolosa prua vetrata che frange Potsdamer Platz, dell’italianissimo Renzo Piano!).

A Varese abbiamo avuto ospiti architetti-pensatori di calibro internazionale… (Riascoltiamoli! Le loro interviste sono sul sito web dell’Ordine degli Architetti).

Sinceramente attenta all’ambiente, consapevole dei disastri ecologici compiuti all’Est, la metropoli ha recuperato numerosissime zone verdi, aree pedonali e piste ciclabili. Si ha dappertutto l’impressione di trovarsi in un quartiere a misura d’uomo. Perfino nel sistema di trasporto urbano si integrano diverse tipologie di mezzi, nati dalle diverse concezioni Est-Ovest, che offrono ai cittadini e ai turisti la più interconnessa e servita metropoli europea, che dimostra che si può vivere senza auto, e senza parcheggi! E nel quartiere universitario, che fu frequentato da illustri pensatori, si sente pulsare l’incertezza ma anche la speranza, l’impegno e la forza della gioventù berlinese nel guardare al futuro.

Rinascere dunque si può, Berlino lo testimonia. Ci si deve rimboccare le maniche a livello amministrativo, ma soprattutto noi singoli cittadini dobbiamo ricominciare a tradurre la speranza in gesti positivi, non abbiamo più tempo per le lamentele e le polemiche… Avanti tutta, Varese, ce la possiamo fare!

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