Quante cose utili si possono fare nella vita e la scelta di Riccardo Vignati, per vent’anni grafico pubblicitario della Aermacchi e membro dell’associazione dei pittori indunesi, è sicuramente originale e benemerita. Quattro mattine la settimana, dal lunedì al giovedì, prende l’auto e va da Induno Olona dove abita ad Albate in provincia di Como, entra nel carcere Bassone, raggiunge l’aula di applicazioni tecniche passando attraverso corridoi guardati a vista dagli agenti di custodia, si siede al suo Macintosh e aspetta che, alle 9 in punto, scendano dalle celle i sedici detenuti che seguono il corso trimestrale di grafica creativa. Bevono un caffè caldo tutti insieme e poi via con i programmi Freehand, Illustrator e Fotoshop fino alle 13.30. Il tempo vola. Finita la lezione, rientra a Induno non prima delle 15 e pranza a quell’ora. “Sono abituato – dice – Non mi pesa”. Tiene il corso gratuitamente. Gli allievi, invece, prendono duecentocinquanta euro dalla cooperativa sociale Homo Faber che promuove le lezioni. E imparano un mestiere.
Vignati ha sessantadue anni (è nato il 23 aprile 1950 a Legnano), è sposato e padre di due figli, Andrea, laureato in economia e commercio, attualmente in Australia per lavoro e Sara, impiegata in un’agenzia di viaggi a Saronno. È in pensione da un anno e mezzo dopo tanti anni trascorsi in Aermacchi e poi da libero professionista. “Curavo le pubblicazioni pubblicitarie per le fiere internazionali e la vendita degli aerei – spiega –. Me ne andai con la crisi del ’96 quando l’azienda fece un massiccio ricorso alla cassa integrazione. Da allora ho fatto il grafico pubblicitario in proprio, iscritto agli artigiani fino alla pensione. Nel tempo libero, mi diletto con tela e pennelli, ho partecipato a mostre a Villa Cicogna, a Villa Pirelli, al Cavedio e alle rassegne di artigianato artistico della Camera di Commercio a Ville Ponti. Dal 15 al 30 settembre ho esposto alla rassegna “Cinque artisti per 336 ore” organizzata dall’assessorato alla cultura del Comune di Induno Olona”.
Fu un amico a segnalargli la possibilità di insegnare grafica in carcere part-time. “Iniziai nel 2007 con un piccolo stipendio – racconta – e dopo la pensione ho deciso di proseguire gratis, per amicizia. Lo faccio volentieri perché è come andare a trovare tutti i giorni degli amici. Siamo due insegnanti e utilizziamo sedici computer acquistati di seconda mano dalla cooperativa. Non ci sono cattedre, solo tavoli rettangolari disposti a U al centro della sala. L’età degli allievi varia da venti a oltre sessant’anni senza limiti di pena, c’è il pusher e l’omicida. L’unica regola è che abbiano almeno tre anni di detenzione ancora da scontare. Gli allievi sono scelti dallo staff docente in base all’elenco fornito dalla direttrice del carcere. Si sottopongono a un colloquio per spiegare che lavoro facevano da liberi cittadini, per farci capire se sono portati alla grafica, se conoscono già il computer. Ci sono laureati, lavoratori dell’edilizia, disoccupati. Tutto è finalizzato al reinserimento sociale”.
“Non è detto che quando escono faranno i grafici pubblicitari – osserva – ma oggi saper maneggiare il computer serve. Tutti ci tengono a partecipare. In cella è vietato dipingere e l’alternativa è scendere a turno in cortile per l’ora d’aria. Farli ruotare non dipende da noi. Ci preoccupiamo solo di tenere il gruppo affiatato e di farli diventare amici. Io sono un pittore e insegno anche a dipingere e disegnare, spiego storia dell’arte, porto in aula materiale di carta e pastelli, cerco di sviluppare la loro creatività e devo dire che molti allievi hanno qualità impensate. Un recluso, per esempio, riproduce quadri di Matisse, Picasso e Mirò e li reinterpreta in modo originale con gli stuzzicadenti di legno colorati con carta crespa. È talmente bravo che la cooperativa ha organizzato una mostra in parrocchia, a Como, premiata dal pubblico. Ci sono detenuti che dopo aver saldato il debito con la giustizia tornano in libertà e vogliono incontrarci fuori, al bar, per ringraziarci”.
Cantava Fabrizio De Andrè nella celebre e bellissima Don Raffaè: “…E al centesimo catenaccio alla sera mi sento uno straccio, per fortuna che al braccio speciale c’è un uomo geniale che parla con me…”. Vignati sorride e condivide: “Mi piace rendere più accettabile la prigionia di queste persone, aiutarle a vivere meglio. Mi accorgo che durante le lezioni dimenticano quasi di essere detenuti, mi vogliono un bene dell’anima e col tempo siamo diventati anche un po’ amici. A volte me lo dicono proprio: “Grazie a te ora capisco l’arte”. E quando escono oppure sono trasferiti in un’altra struttura, mi mandano i saluti. Un detenuto mi ha scritto: “Incontrarti è stato uno dei momenti più belli della mia vita, sei una persona speciale, ti abbraccio forte e ti saluto non con la tristezza degli addii, ma con l’allegria dell’arrivederci”.
Anche altre carceri italiane svolgono attività formative, a Padova pasticceria, a Bollate falegnameria: “Ma, che io sappia, solo al Bassone di Como s’insegna grafica creativa. Posso dire che aiuta i reclusi a stare più tranquilli, ne ho conosciuti che avevano problemi psicologici, depressi, non parlavano più, sono arrivati in aula le prime volte ed erano distrutti, mi confessavano che la mattina non trovavano le motivazioni per scendere dal letto. Invece si sono ripresi, li ho visti quasi rivivere. Nel gruppo c’è un allievo che se la cava molto bene con il computer ed è diventato tutor, mi aiuta e coordina gli altri ragazzi. Ci diamo del tu. Anche per me questa è un’esperienza importante. Non avevo mai visto un carcere da dentro. Le prime volte passavo da tutte quelle porte che si aprivano e subito si richiudevano e non ero sicuro di continuare. Dopo, ho conosciuto le persone e ho deciso di restare”.
Nelle foto il carcere Bassone a Como
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