Ho scritto ai vertici del Comune di Varese e alla direzione della Soprintendenza Lombardia ma, soprattutto, al nuovo rettore dell’Università dell’Insubria e al provveditore agli studi della provincia di Varese, avendo letto sulla stampa locale dell’allontanamento del dottor Daniele Zanzi dalla Commissione per il paesaggio. Non è stata fatta una specifica informativa agli enti che hanno partecipato alla nomina dei membri della Commissione paesaggio e neppure è avvenuta una relazione sui modi che il Comune intenda utilizzare per la formazione della nuova commissione.
Detta commissione ha un ruolo puramente consultivo e il dottor Zanzi, anche qualificato a livello internazionale per le sue competenze scientifiche e lavorative, gode della mia stima e ha piena capacità di potere svolgere il suo lavoro. Sembra essere stato allontanato (per quanto leggiamo sui giornali) per un conflitto di interessi che ci pare davvero strano venga avanzato solo ora, quando invece doveva essere conosciuto al momento della sua nomina, avvenuta regolarmente a seguito di una scelta tra una pluralità di candidature.
Chiedo che sulla decisione sia aperto un dibattito all’interno della società civile varesina che è la prima interessata a che il paesaggio venga tutelato in massimo grado.
Non voglio affrontare questioni eminentemente formali. Vorrei, invece, che si affronti il dibattito sul ruolo rivestito dalla Commissione paesaggio: essa deve essere condotta fino ad avere una rilevanza sociale effettiva che ora le manca. Detta Commissione, più che un organismo istituzionale, è un ente sociale. Vengano, allora, informati, soprattutto, gli studenti varesini che rappresentano i soggetti che in futuro saranno i tra i padroni del territorio e i principali difensori di delle sue caratteristiche e delle sue peculiarità di davvero magnifica qualità. Si faccia dibattito aperto sulle dimissioni e sul ruolo della Commissione.
Chiariamo che cosa io intenda per “paesaggio” e leggiamo il disposto della legge regionale Lombardia 12-06. “Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, cosi come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali c/o umani e dalle loro interrelazioni. “Politica del paesaggio” designa la formulazione, da parte delle autorità pubbliche competenti, dei principi generali, delle strategie e degli orientamenti che consentano l’adezione di misure specifiche finalizzate a salvaguardare gestire e pianificare il paesaggio. “Obiettivo di qualità paesaggistica” designa la formulazione da parte delle autorità pubbliche competenti, per un determinato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro contesto di vita. “Salvaguardia dei paesaggi” indica le azioni di conservazione e di mantenimente degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo d’intervento. “Gestione dei paesaggi” indica le azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali. “Pianificazione dei paesaggi” indica le azioni fortemente lungimiranti, volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi.
Art. 81. (Istituzione delle commissioni per il paesaggio). Legge Regionale Lombardia numero 12-2006 per l’attuazione del Dlgs 42/2004.
1. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, ogni ente locale titolare, ai sensi dell’articolo 81, di funzioni amministrative riguardanti l’autorizzazione paesaggistica e l’irrogazione delle relative sanzioni, istituisce e disciplina una commissione per il paesaggio, composta da soggetti aventi particolare e qualificata esperienza nella tutela paesaggistico-ambientale. 2. Gli enti locali, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 80, comma 5, possono istituire e disciplinare la
commissione di cui al comma 1 in forma consorziata o associata, anche in relazione alle specificità paesaggistiche territoriali individuate nel PTCP. 3. La commissione esprime parere obbligatorio in merito al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche di competenza dell’ente presso il quale è istituita. 4. La Regione può stipulare accordi con il Ministero per i beni e le attività culturali che prevedano le modalità di partecipazione del Ministero stesso alle commissioni per il paesaggio. 5. Per le autorizzazioni paesaggistiche di competenza, ai sensi dell’articolo 80, commi 1 e 5, dei comuni o degli enti qestori dei parchi regionali, sino all’istituzione delle rispettive commissioni per il paesaggio, il parere obbliqatorio previsto dal comma 3 è reso dalla commissione edilizia, ove esistente, del comune territorialmente competente, integrata da almeno due esperti in materia di tutela paesaggistico-ambientale.
La commissione edilizia formula il parere di competenza alla presenza di almeno uno degli esperti, le cui valutazioni devono essere riportate per esteso nei verbali di seduta, allegando relazione scritta. Qualora la commissione edilizia non sia stata istituita, il regolamento edilizio comunale attribuisce esclusivamente ai suindicati esperti le predette funzioni valutative.
La qualità della vita, di cui tanto si parla, non è fatta soltanto di benessere economico ma anche di positive quotidiane pratiche e di stimoli ambientali sani e gradevoli.
Che il rumore, ovvero l’inquinamento acustico nel suo insieme, rappresenti una minaccia alla qualità della vita è ormai evidente all’attenzione della legge come a quella dei cittadini. In piena analogia desideriamo citare l’ultima definizione di inquinamento visivo, inteso come l’alterazione di qualsiasi unità spaziale, a opera di agenti incongrui, sgradevoli per la vista e tali da generare malessere. L’impatto dell’inquinamento visivo sull’uomo è di natura sensoriale ed estetica ed è tale da incidere negativamente proprio sulla qualità della vita. Infatti, l’integrazione degli elementi che si presentano alla vista nello spazio è un importante parametro per il benessere degli individui. Tutti, per ricrearci, cerchiamo luoghi la cui vista possa dare un senso di armonia, di vivacità o di singolarità; fuggiamo invece i luoghi la cui vista ci dia un senso di disordine, di piattezza, di prevedibilità.
L’articolo 131 del Dlgs 42/2004, al comma 5 oggi afferma: «La valorizzazione del paesaggio concorre a promuovere lo sviluppo della cultura. A tal fine le amministrazioni pubbliche promuovono e sostengono, per quanto di rispettiva competenza, apposite attività di conoscenza, informazioni e formazioni, riqualificazione e fruizione del paesaggio nonché, ove possibile, la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati. La valorizzazione è attuata nel rispetto delle esigenze della tutela». All’articolo 135, primo comma leggiamo poi: «Lo Stato e le Regioni assicurano che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tal fine le regioni sottopongono a specifica normativa d’uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici». L’articolo 136, al comma 1, include esplicitamente nei paesaggi da tutelare anche «i centri e i nuclei storici».
Ed è proprio il piano paesaggistico lo strumento fondamentale della legge; ben specificato all’articolo 143, esso prevede la realizzazione di una vera e propria anagrafe delle aree e degli immobili di interesse e di valore storico e culturale nonché i limiti degli interventi delle attività possibili sugli stessi e gli obblighi relativi al recupero e alla riqualificazione delle aree già significativamente compromesse o degradate. E su questo si può concretamente lavorare, se ne possiede la volontà; certo, la legge può essere tanto bella e lungimirante quanto l’attuazione carente se non autenticamente infedele.
Per quanto la legge dia potere al ministero per i Beni culturali e alle Regioni e attribuisca specifiche funzioni di controllo alle Soprintendenze e agli altri competenti Uffici, sarà sempre a livello locale che si giocheranno le sorti del paesaggio.
È solo se tale paesaggio viene inteso come patrimonio – bene comune prezioso – da parte dei cittadini, che se ne potrà garantire la tutela ovvero la riqualificazione.
Sarà il sentimento di appartenenza dei cittadini il più valido presidio contro il dilagare della bruttezza e delle aggressioni all’identità culturale. E saranno le associazioni, costituite dai cittadini medesimi, lo strumento più capillare di conoscenza dei beni culturali presenti su un territorio e di allarme o di denuncia quando uno o più di tali beni vengano minacciati dalla cancellazione o dallo sfregio.
Ruolo delle autonomie. Difficile che l’apposizione di un cartello pubblicitario o il colore di una facciata siano controllabili dal ministero competente se non stanno a cuore, prima e direttamente, ai cittadini e gli amministratori locali.
Sappiamo che esiste una precisa dialettica tra amministratori e amministrati: se questi ultimi sono consapevoli dei propri bisogni e dei propri diritti sapranno rappresentarli con forza ai primi. E gli amministratori, a loro volta, conoscendo i sentimenti della popolazione, sapranno agire nel modo che maggiormente procuri loro il consenso degli elettori. Se i cittadini chiedono al Sindaco più parcheggi a scapito del verde pubblico è difficile che l’amministratore si prefigga la difesa di alberi, parchi e giardini.
Se i cittadini tollerano la proliferazione selvaggia della cartellonistica stradale e delle insegne luminose, nessuna Giunta si attiverà più di tanto per difendere i nobili centri storici delle città o la quieta bellezza dei borghi medioevali.
Scuola e civismo. La legge c’è; ora tocca alle Università e alle agenzie culturali tutte, con particolare riferimento a quelle associazioni che storicamente si occupano di paesaggio, ambiente e territorio. E poi alla scuola, perché qualcuno dovrà pur insegnare ai giovani il valore della bellezza e dell’eredità culturale che deriva loro da un grande passato. La diffusione dell’attaccamento al bello di natura e al bello d’arte è il presupposto irrinunciabile per avere, domani, una cittadinanza consapevole e capace di difendere il proprio patrimonio. Se i Comuni e la scuola si unissero per portare i giovani a vedere il proprio territorio, a conoscerne e a comprenderne le antiche radici e ad apprezzarne la bellezza, allora potremo sperare in un positivo risultato del Dlgs 42/2004; diversamente, avremo solo scritto una legge in più tra le tante assai belle che giacciono, ormai dimenticate, nelle grandi raccolte giurisprudenziali del nostro Paese.
In attesa di riscontro nei termini di Legge da parte di ciascuno nella convinzione che la commissione paesaggio persegua un interesse di tutti, porgiamo cordiali saluti.
Continuo a chiedere che la società civile sia stimolata per contribuire a fare emergere un proprio interesse alla gestione della cosa pubblica e in questo senso mi sono rivolto specificatamente all’assessore competente.
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