“Affaire Pogliaghi”. È giusto rassegnarsi al peggio? La villa-museo di Santa Maria del Monte che Lodovico Pogliaghi donò per testamento alla Santa Sede e che oggi è gestita dalla Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, è chiusa da anni, con tutti i tesori d’arte che contiene. E il rustico davanti alla casa che fu aperto al pubblico nel 2008 con tante speranze dopo costosi restauri, è a sua volta malinconicamente sbarrato. Il sindaco di Varese, Attilio Fontana, ha lanciato una proposta: se l’Ambrosiana è d’accordo, si potrebbe utilizzare almeno il rustico per organizzare mostre di foto, quadri, arte sacra o collezioni custodite nella villa, sfruttandolo come sede alternativa alla Sala Veratti. Il Comune – ha precisato il sindaco – non ha i fondi per aiutare a ristrutturare il museo (occorrerebbe una cifra vicina ai dieci milioni di euro), ma è disposto a fare la sua parte per riaprire almeno la dependance di via Beata Giuliana.
Il prefetto della Biblioteca Ambrosiana, monsignor Franco Buzzi, non chiude la porta a priori: “Se il Comune di Varese garantisce la sicurezza – dice – organizzare la visita del visitabile è possibile, naturalmente non la villa ma la parte già messa in funzione, cioè il rustico. Sarebbe una valida iniziativa culturale. Ma poiché si tratta di una locazione, bisogna interpellare il presidente della Congregazione dei conservatori, monsignor Gianni Zappa che gestisce gli immobili. Si dovrebbe stringere un accordo, non so in che termini, magari definire un affitto da pagare. Sentito lui e garantiti la sorveglianza e la sicurezza, da parte nostra non c’è motivo di opporsi, anzi, può essere un modo di rilanciare un museo altrimenti morto. Ma ci sono i presupposti? Come sempre è principalmente una questione di soldi”.
Da buon amministratore, monsignor Buzzi non sottovaluta l’aspetto economico-commerciale. “Non posso nascondere – osserva – che l’ambiente a Varese è poco ricettivo, la rete territoriale è spenta, non c’è turismo né organizzazione. In queste condizioni si rischia di costruire cattedrali nel deserto. Si può essere affezionati a un bel panorama ma poi bisogna vedere i rapporti con le agenzie di viaggi, con i tour operator, con il territorio, verificare se c’è la volontà politica, non bastano due opere in mostra, non basterebbe neppure il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci. Sa quante cose abbiamo dovuto muovere, qui a Milano, per passare da trentatremila a centotrentamila visitatori l’anno? Per noi la priorità è ragionare con una logica di polo culturale articolato, abbiamo la Pinacoteca, l’Accademia nata nel 2008 con sette classi di ricerca che a regime avranno la presenza di seicento professori e ricercatori di tutto il mondo. Il progetto richiede fondi che ricaviamo dalla nostra buona gestione”.
Monsignor Gianni Zappa, presidente della Congregazione dei conservatori che è responsabile dell’eredità Pogliaghi, condivide l’impostazione del prefetto. “Tutto quello che si può fare per valorizzare il patrimonio del Sacro Monte di Varese ben venga – dice – Se lei mi chiede se c’è la volontà di valorizzare il lascito Pogliaghi, la risposta è certamente sì. La disponibilità c’è, ma l’Ambrosiana non ha i mezzi e le risorse per impegnarsi da sola, deve esserci il concorso delle istituzioni e dei privati. Tutti siamo bravi a esprimere i nostri auspici, ma il problema è economico e questo vale anche per la Biblioteca Ambrosiana. Bisogna mettersi a ragionare insieme. Il Comune di Varese s’impegna? Il FAI è disponibile a partecipare alla gestione? Non bastano le affermazioni di principio. Chiamino pure direttamente noi. Aspettiamo che il telefono squilli per discutere proposte concrete, per sentire che cosa ciascuno è disposto a mettere. Le riunioni si fanno per immaginare percorsi operativi, non teorici”.
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