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Attualità

CONCILIO VATICANO II, QUEL GIORNO DAVANTI ALLA TIVÙ

GIAMPAOLO COTTINI - 05/10/2012

Inizia col mese di ottobre un anno molto importante per la vita della Chiesa universale, segnato dal cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, dai lavori del Sinodo dei vescovi dedicato al tema della nuova evangelizzazione e dalla celebrazione dell’Anno della Fede indetto dal Papa per riprendere la verità dell’evento conciliare.

Il Concilio è stato certamente l’avvenimento ecclesiale più importante del XX secolo, perché ha segnato il passo di rinnovamento della vita della Chiesa in un periodo in cui il nichilismo delle ideologie totalitarie e la massiccia apostasia di masse di fedeli sembravano prefigurare un totale declino della Chiesa, che ha invece saputo ritrovare la sua più genuina Tradizione rinnovandosi nel dialogo con il mondo. Nessuno avrebbe mai immaginato i frutti della stagione inaugurata da Giovanni XXIII con l’annuncio della volontà di convocare un Concilio Ecumenico, a meno di un secolo dalla traumatica conclusione del Vaticano I interrotto a seguito della presa di Roma da parte dell’Italia, e cinquant’anni sono ancora pochi per valutarli in modo completo.

Tuttavia, Benedetto XVI invita a varcare la porta della fede proprio partendo dall’insegnamento conciliare, che tenacemente lui stesso ha voluto inserire sin dall’inizio del suo pontificato dentro una ermeneutica della continuità nella tradizione per impedire la lettura fuorviante di un concilio come momento di rottura o di totale discontinuità rispetto a ciò che lo ha preceduto. Il Concilio è stato piuttosto un segno di vitale giovinezza della Chiesa nel rinnovare le modalità della sua presenza nella Storia, sviluppando il compito pastorale di fare compagnia all’uomo contemporaneo, in un frangente in cui non c’erano da formulare nuovi dogmi o da condannare pericolose eresie ma ci si trovava nel clima della paura della guerra fredda, dell’ottimismo verso la scienza suscitato dalle imprese spaziali, dell’incertezza di molti conflitti periferici causati dal processo di decolonizzazione, dell’ideologia rivoluzionaria di un cambiamento radicale incarnata dai movimenti del ‘68. In questo clima la mattina dell’11 ottobre 1962 si apriva il Concilio, seguito per la prima volta in tutto il mondo dalla diretta televisiva.

Vorrei anzitutto riportare un mio ricordo personale di quel giorno che riconobbi come eccezionale per il fatto che, invece di andare a scuola come sempre, ricevetti da mia madre la notizia che era preferibile rimanere a casa per vedere in diretta alla televisione la cerimonia di apertura del Concilio, perché la mamma capiva che non avremmo più avuto occasione di partecipare ad un evento del genere, dal momento che un Concilio non è cosa di ogni giorno se l’ultimo era accaduto cent’anni prima. E quella mattina accadeva un fatto storico, che potevamo seguire per televisione, vedendo la lunga processione degli oltre duemila Padri Conciliari in Piazza San Pietro, vestiti nelle vesti liturgiche bianche e con la mitria sul capo, che rappresentavano la variegata cattolicità della Chiesa. In fondo alla processione il Papa Giovanni XXIII seduto sulla sedia gestatoria che ondeggiava come una nave tra le onde, che benediceva la folla con il volto già segnato dalle tracce della malattia che lo avrebbe condotto alla morte. Avevo appena dodici anni, ma quelle immagini indimenticabili segnano per me l’inizio di un interesse per la Chiesa e per la sua storia che non mi avrebbe mai abbandonato.

In seguito sarebbero esplosi complessi problemi e tensioni intra ed extra-ecclesiali che solo la lungimirante sapienza di Paolo VI avrebbe saputo comporre in una sintesi capace di equilibrare le spinte tradizionaliste e le contro-tendenze di un progressismo esasperato. Con lui la Chiesa ha operato il vero “aggiornamento” auspicato da Giovanni XXIII: la riforma liturgica, il rinnovamento degli studi biblici, la prospettiva missionaria in senso planetario, l’attenzione alle gioie e alle speranze dell’uomo (Gaudium et Spes), il riconoscimento del ruolo dei laici che scaturisce dal Battesimo, l’esaltazione della libertà religiosa come primo diritto e fonte del dialogo con tutte le culture e le religioni, ma soprattutto l’approfondimento dell’essenza e della natura della Chiesa stessa nell’insuperabile costituzione Lumen Gentium. Iniziava al contempo la consuetudine dei Papi di viaggiare per il mondo con lo scopo di confermare la fede di tutte le chiese locali e portare l’annuncio di salvezza sino agli estremi confini del mondo.

Oggi Benedetto XVI invita a riscoprire la fede, espressa nel Credo e nel nuovo Catechismo universale pubblicato vent’anni fa, riprendendo l’intuizione di Montini che nel 1967 aveva indetto un analogo anno della fede concluso con la formulazione del Credo del popolo di Dio.

Ad ognuno il compito di riprendere in mano i fondamenti della fede per essere all’altezza delle responsabilità storiche cui siamo chiamati.

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