Come già in altre occasioni abbiamo ricordato, un aspetto particolarmente preoccupante della nostra crisi è la generale incapacità della classe politica di avanzare proposte nuove e convincenti di soluzione dei gravi problemi sul tappeto. Invece di usare l’ “intervallo” imposto dal presidente Napolitano con la nomina del governo Monti per ripensare e per ripensarsi, i vertici dei partiti segnano il passo o si perdono in pettegolezzi e in liti di cortile.
Se questo è finora senza eccezioni il quadro nell’area di centro-destra, nell’area di centro-sinistra si registra invece un elemento di effettiva novità, anche se non è ancora facile dire se sia o meno una novità davvero ricca di futuro. Si tratta della candidatura del sindaco di Firenze, Matteo Renzi, alla segreteria del Partito Democratico, PD. Al di là di ogni altro più immediato fattore, la novità consiste nel fatto che un notabile di quella parte del PD che proviene dall’antica sinistra democristiana punta non tanto al ruolo di candidato premier quanto a quello di leader del partito. Nella storia di un partito la cui struttura è in sostanza ancora quella dell’antico Partito Comunista Italiano, PCI, la sfida con ciò lanciata da Renzi è davvero radicale. Nella vecchia logica comunista la scelta di un candidato premier “amico” (un Romano Prodi, tanto per fare un esempio italiano) anche se non organico al Partito ci può stare. La storia dei partiti comunisti europei non è priva di episodi del genere. Altra cosa è il controllo della struttura del Partito, dell’organizzazione dei suoi militanti: quella non doveva ad alcun costo passare in altre mani. È qui invece che Renzi viene a lanciare la sua sfida a Pierluigi Bersani e quindi all’intera vecchia guardia post-comunista del PD: una davvero sfida cruciale.
Vale allora la pena di rinfrescare la memoria su di lui. Nato a Firenze nel 1975 in una famiglia di tradizione democristiana, Matteo Renzi comincia a fare politica fin dagli anni del liceo. Frattanto si impegna nel movimento dei Boy Scout cattolici, la cui dirigenza in Italia è sempre stata piuttosto vicina alla sinistra DC e alla sua cultura. È presidente della Provincia di Firenze dal giugno 2007 al giugno 2009 quando viene eletto sindaco della città dopo essersi assicurato la candidatura battendo alle elezioni primarie del partito il candidato proposto dalla direzione del PD. Per motivi anagrafici non fa in tempo a fare l’esperienza della DC, ma già giovanissimo partecipa della sua eredità. Milita nei Comitati per Prodi e dal 1996 al 2002 nel Partito Popolare divenendone segretario provinciale. Passa poi a La Margherita, e dal 2007 al Partito Democratico. Come si vede, tanto più per gli standard italiani la sua carriera politica è rapidissima.
La sinistra cattolica italiana può contare su due grandi “foyer”, peraltro ciascuno con proprie caratteristiche: Brescia e Firenze. Matteo Renzi, laureatosi in giurisprudenza nella sua città natale con una tesi dal titolo “Amministrazione e cultura politica: Giorgio La Pira, Sindaco del Comune di Firenze 1951-1956”, è appunto un frutto del suo ramo fiorentino, forse della componente più laica, erede di Nicola Pistelli e della sua rivista Politica, che non di quella che guardava a padre Ernesto Balducci, alla sua rivista Testimonianze o tuttora al catalogo della Libreria Editrice Fiorentina. Sceso in campo con l’esplicita intenzione di “rottamare” la vecchia dirigenza del PD, Renzi ha raccolto la sua proposta politica in manifesto detto dei “Cento Punti” che è facilmente rintracciabile sul web. Si tratta di un documento utile per comprendere virtù e limiti del personaggio. Le proposte sono spesso buone anche se per lo più estemporanee, ma non vanno quasi mai alla radice dei problemi; quindi non si capisce come possano divenire efficaci. Si tratta poi di proposte spesso considerate “non di sinistra” da molti osservatori e anche da esponenti del suo stesso partito.
Renzi è senza dubbio un personaggio che ama sorprendere. Nel dicembre 2010 non esitò a recarsi in visita da Berlusconi nella sua residenza privata di Arcore presso Monza per discutere con lui di alcuni temi legati all’amministrazione di Firenze. La notizia, diffusa ad incontro ormai avvenuto, provocò reazioni contrastanti e alcune polemiche anche tra i suoi sostenitori. Molto interessato alle questioni ambientali, Renzi ha votato contro il nucleare ai referendum del 2011. In campo economico ha affermato di condividere la linea di Marchionne alla Fiat scontrandosi per questo anche con i sindacati. In campo etico si è espresso a favore delle cosiddette unioni civili affermando che un politico non deve considerare il matrimonio “come un sacramento”. È questo il dinamico ma controverso personaggio che sta ora proponendosi come successore di Pierluigi Bersani alla guida del Partito Democratico.
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