Oggi 29 settembre 2012 taglia il traguardo dei settant’anni Felice Gimondi da Sedrina, provincia di Bergamo, mamma postina e famiglia povera, il miglior ciclista italiano del dopoguerra dopo Bartali e Coppi. Nessun altro può infatti vantare un palmarés superiore al suo per qualità di vittorie e livello degli avversari affrontati. Felice ha misurato il passo con Jacqués Anquétil, Raymond Poulidor, Louis Ocana, Vittorio Adorni e alcuni altri capaci di qualche grande stagione; ha incrociato un purosangue, volubile come tutti i purosangue, a nome Gianni Motta, poi la sua parabola si è scontrata con quella strabiliante di un fiammingo di tre anni più giovane, Eddy Merckx. Fu al tempo stesso una sfortuna e una fortuna. Una sfortuna perché Eddy, quasi del tutto invulnerabile, era una sorta di Achille delle due ruote, non lasciava mai nulla agli avversari, nemmeno una biciclettata tra amici fuori porta per un picnic. Era un predestinato dagli dei del ciclismo come pochissimi altri prima di lui.
Felice era un fuoriclasse col quale gli stessi dei erano stati un filo meno generosi, non possedeva l’arma dello scatto negli arrivi in volata né poteva vantare la stessa mostruosa potenza atletica del suo avversario. A questi due limiti posti dalla natura cercò sempre di rimediare associando alla classe naturale l’ostinazione battagliera tipica della gente delle sue terre. Mario Fossati, il collega che meglio di tutti ha raccontato il ciclismo, scriveva che “…a Felice le sconfitte provocavano rabbia anziché rassegnazione”. E questa fu la fortuna di cui sopra si diceva. Incrociare i ferri con un fuori categoria come il belga fu uno stimolo straordinario, una sfida continua che finì per esaltare il roccioso carattere di Felice ma anche il suo perfezionismo di atleta sempre alla ricerca del meglio sia in campo tecnologico sia sotto il profilo della preparazione. È nato del resto sotto il segno della Vergine… Da Merckx ha patito molte sconfitte ma è stato l’unico a prenderlo sempre di petto.
Ai mondiali di Mendrisio del 1971 i due, dopo aver eliminato la concorrenza, si diedero battaglia senza esclusione di colpi nei due giri finali; scalavano la salita di Novazzano (ripetuta poi nell’edizione 2009) affiancati, senza scattare, entrambi consapevoli che nessuno era in grado di piantare l’altro. Sul volto scavato di Felice si leggeva però la consapevolezza amara che in volata sarebbe stato comunque secondo, troppo veloce il belga. Così fu. Da quel momento fece di tutto per cercare una rivincita mondiale, la preparò giorno dopo giorno dentro se stesso per poi trovarla a Barcellona, due anni dopo, al termine di una gara tiratissima in cui Eddy voleva ancora una volta ribadire la sua tirannia. Spese troppe energie e anche i Titani come lui talvolta finiscono per peccare di presunzione. Maertens, il giovane belga che in carriera farà incetta di classiche in linea, gli tirò la volata ma non bastò, Felice partito da lontano non venne più rimontato. Non aveva vinto certo il più veloce ma il più fresco, l’atleta che aveva amministrato meglio dei rivali le pochissime energie rimaste, un capolavoro da autentico maratoneta del pedale.
Diversamente da Gianni Motta e Merckx, Gimondi non ha mai vinto la Tre Valli pur essendo stato grande protagonista in due occasioni: nel ’65 terzo alle spalle di Motta e Dancelli e nel ’70 ancora terzo sempre dietro a Motta e all’eterno fiammingo. Fu un’edizione regale, li vedo ancora disegnare l’ampia curva davanti alla Questura di Piazza Libertà, elegantissimi in sella nonostante la fatica e il caldo, per poi avventarsi lungo la discesa di via Ghiringhelli verso l’arrivo di Cassinetta. Grande ciclismo, grandi emozioni! Nel giorno dei suoi settant’anni tutto il mondo delle sport, deve guardare a Gimondi come a un atleta capace di coniugare sempre talento, generosità e correttezza esemplare, un hombre vertical, un esempio intramontabile. Ma in chiusura non si possono non ricordare le sue vittorie più importanti: tre Giri d’Italia, un Tour de France, una Vuelta, un mondiale su strada, due campionati italiani, una Milano – Sanremo, una Parigi – Roubaix, due Giri di Lombardia, una Parigi –Bruxelles, due Sei giorni su pista, tutte le principali gare a cronometro dell’epoca.
Anquétil, Merckx, Gimondi, Hinault e Contador sono gli unici atleti ad aver vinto tutti e tre i grandi Giri.
Come Bartali e Coppi, le gesta di Felice hanno ispirato grandi autori musicali: Enrico Ruggeri gli ha dedicato la canzone “Gimondi e il Cannibale”, Elio e le Storie Tese “Sono Felice”. Grazie di tutto “Nuvola Rossa”, come lo aveva soprannominato Gianni Brera riferendosi al suo profilo da indiano d’America.
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