Una generazione di giovanissimi che rischia di perdersi, genitori sconcertati e impotenti, famiglie sull’orlo di una crisi di nervi. Che cosa sta succedendo? C’è poco da sorridere: capita più spesso di quanto non si creda: quando il giovane, dopo il diploma, deve scegliere la strada della formazione specifica per il proprio futuro. Una strada costellata di occasioni perdute già nella scuola di provenienza, visto che le iniziative di orientamento a scuola, come alcune “fiere dello studente” organizzate di corsa, sono supportate quasi esclusivamente dalle università private, o locate oltre confine, a caccia di plotoni di neoiscritti per motivi essenzialmente economici. Rimpiangiamo i professori di una volta, che prendevano a cuore la situazione del ragazzo o della ragazza e coltivavano le loro aspirazioni, ne promuovevano il coraggio, infondevano positività e visione, insomma quando c’era il tempo e la voglia di occuparsi dei singoli allievi.
Lasciati soli a sé stessi, con i genitori altrettanto sconcertati da un sistema che non è più quello di una volta, i giovani si alimentano con informazioni tratte dal web… ma quelle sulle università pubbliche sono scarne e la possibilità di un contatto telefonico con una qualche segreteria, una chimera d’altri tempi. Anche solo per chiedere se i tanto pubblicizzati corsi sperimentali “fiore all’occhiello” di questa o quella scuola superiore, la cui frequenza si è appena conclusa con tanto sacrificio dall’alunno, possano avere un riscontro valutativo migliorativo all’atto dell’iscrizione. Nel caso del famoso diploma EsaBac bilingue del liceo classico Cairoli, la risposta è no, non si riesce neppure a specificare di avere questa qualifica poiché le iscrizioni avvengono su modulistica online.
Ai giovani, che iniziano a essere un pochino insicuri, si chiede di “tentare” l’ingresso all’università secondo un piano “a”, ma pensando anche a un piano “b” o “c”, cioè convincendoli già in partenza di poter cambiare con leggerezza, pardon con flessibilità, l’obiettivo che presume l’impegno di una vita. Le statistiche degli studenti che provano a fare i test di ingresso all’università la dicono lunga: settantasettemila iscritti in Lombardia per tentare di entrare alle facoltà di Medicina, ce la farà uno su sette. Ma chi si vede “medico”, come fa a scegliere con “flessibilità” un altro percorso? Considerare le professioni sanitarie a Varese può rappresentare un assurdo ripiego: milleduecento iscritti per meno di quattrocento posti spalmati su varie professioni, da infermieristica a fisioterapia a tecnici di radiologia eccetera (e sottolineiamo l’assoluta diversità delle professioni tra di loro).
La cautela, d’altra parte è d’obbligo: ogni scelta “a”, “b” o “c”, richiede costi per iscriversi, pre-iscriversi, fare il test, che sono solo un assaggio dell’oneroso fardello che le famiglie si troveranno di lì a poco a sostenere tra tasse, libri di testo, e trasporti costantemente rincarati. “Devi evitare assolutamente di cambiare facoltà l’anno successivo”, tutti pronti a consigliare, ma ogni anno numeri da record ci ricordano tristemente che il tasso di abbandono al primo anno ha un trend in ascesa. In uno scenario che a tutti appare fosco e indistinto, questo passaggio rischia di trasformare la fragilità adolescenziale in una pericolosa impasse a tempo indeterminato.
Spendiamo una parola in più, allora, con questi giovani in difficoltà: per trasmettere loro la sensazione che se hanno bisogno di aiuto c’è qualcuno che li può ascoltare veramente e offrire una visione più ampia, diversa, che può dischiudere uno spiraglio di opportunità in questo mondo così difficile. Spesso i giovani faticano a “vedersi” nel futuro, questo è normale, quindi conviene battere insieme a loro tutte le strade, tutti i contatti, per avere informazioni, notizie, suggerimenti. Tralasciando chi sceglie un percorso facilitato dalla tradizione familiare, per i giovani che non abbiano fatto una scelta professionalizzante già al momento delle superiori, si affaccia tutto un mondo di possibilità formative, ma è necessario valutare bene quanti, tra quelli che hanno già conseguito il titolo che si vorrebbe conseguire, stanno avendo difficoltà a trovare un lavoro. Consideriamo insieme ai nostri giovani di quanta propensione allo studio si dispone, perché un corso di laurea magistrale richiede un impegno almeno quinquennale: se i giovani non sono sicurissimi di questa capacità, vanno benissimo le cosiddette lauree brevi, che garantiscono l’acquisizione di un titolo universitario già in tre anni (…nessun economista si arrischierebbe a dire come sarà il mondo fra tre anni), al termine dei quali si può proseguire con ulteriori percorsi specializzanti. Oltre all’Università vi sono anche gli Istituti di formazione tecnica superiore riconosciuti dal Ministero (nel Varesotto c’è un istituto che rilascia il diploma biennale di tecnico superiore per la manutenzione degli aeromobili, ma nelle altre province lombarde vi sono altre interessanti strade, dal marketing al design, all’agricoltura). Non ultima, vi è la possibilità di iscriversi a università online riconosciute dal Ministero.
Se la famiglia ha un ruolo importantissimo (e non solo in termini economici) nel sostenere il cammino dei ragazzi, certamente loro devono metterci cuore ed intelligenza, e apertura al confronto con gli altri, per riuscire a sviluppare quelle abilità che li condurranno pian piano a costruire il mondo del domani. Attraverso nuove alleanze, da costruire, sarà certamente più facile.
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