Anche quella notte d’Agosto Roma era coperta da una pesante cappa di afa. La città, sprofondata in un coma profondo, sembrava morta: nessun rumore di auto o moto o sirena, nessuno in giro, solo il ronzio dei condizionatori che ingaggiavano un’impari battaglia contro il caldo.
Mancava una manciata di minuti alle cinque. E dopo ore di brevi sonni, sveglie, sudore alternato a docce ristoratrici decisi di fare quattro passi per la capitale.
Sul Gianicolo i busti dei potenti di un tempo, papi, imperatori, eroi risorgimentali, sembravano soffrire il clima quanto gli umani. Anche gli uccelli sui rami immobili degli alberi erano storditi dal grande caldo. Nessuno aveva voglia di cantare nemmeno alle prime luci dell’alba che pur già si intravedevano.
Cercavo refrigerio presso uno dei ‘nasoni’ a pochi metri dal belvedere di Garibaldi quando la mia attenzione fu attratta da un consesso di personaggi seduti a semicerchio poco più in là. Illustri lo erano, lo si capiva dall’abbigliamento, ed anche antichi, lo si intuiva dal portamento, ma chi fossero proprio non avevo idea. Mi avvicinai.
“Vedi Scipione – esordiva un uomo avvolto da una preziosa tunica romana – non è che la tua, chiamiamola così, campagna africana non sia stata efficace… il fatto è che da uno che ha incendiato l’intero accampamento di Asdrubale e messo a ferro e fuoco Zama, mi sarei aspettato qualcosa di più”. “Senti chi parla – replicò seccato un altro imperatore romano – proprio tu che hai fatto bruciare Roma per nove giorni, non sei stato capace di dare il colpo definitivo alla città con la tua ondata di calore!”.
“Buoni, zitti – intervenne un anziano con un remo in mano – è inutile litigare su chi sia stato più bravo quest’estate: Scipione, Nerone avete fatto tutti un buon lavoro: l’importante era traghettare -ed io modestamente me ne intendo – il paese verso mesi di caldo e siccità. Così da vederlo bello fiaccato alla ripresa autunnale”.
“Caron dimonio dagli occhi di bragia… – si rivolse a lui l’unica donna presente al raduno – non siamo qui a gettare acqua sul fuoco -buona questa – vogliamo solo discutere su chi sia stato il migliore. Per esempio – e si voltò verso un sinistro personaggio che sino ad ora era stato in disparte – da uno che si chiama Lucifero, mi sarei aspettato ben altro”. Scese sull’assemblea un pesante silenzio e l’uomo chiamato in questione con un sol balzo si piazzò davanti alla donna, vestita da maga. “Circe – sibilò con occhi fiammeggianti – non giudicare. Proprio tu che sei stata l’unica a portare un po’ di freddo in questi mesi, con che faccia ora …”. “Calma, calma – intervenne un altro sinistro compare che sino ad ora non aveva parlato – io, Minosse giudice dei morti, sono in grado di decidere… non a caso sono l’unico tra i presenti raffigurato nel Giudizio Universale di Michelangelo”. “Perché forse io no?” lo interruppe ringhiando Lucifero.
La discussione si stava ‘infiammando’ e,visti i personaggi coinvolti, non c’era da aspettarsi nulla di buono. “Fermi – intervenne uno degli imperatori – cerchiamo di essere civili, ‘cives romani sumus’. “Buona questa Caligola – lo interruppe Nerone – proprio tu che hai nominato senatore il tuo cavallo! Pensiamo piuttosto al futuro. Il caldo l’abbiamo portato, la siccità ha messo in ginocchio l’agricoltura, anche gli animali soffrono… Per i prossimi giorni che facciamo ?”.
Calò tra i presenti un silenzio carico di concentrazione. Chi pensava ad alta voce, chi teneva il volto coperto con le mani, chi guardava in alto in cerca di ispirazione ma la domanda non trovava risposta. Il rumore di un furgoncino ruppe l’imbarazzo generale. Portava le prime copie fresche di stampa di un quotidiano locale. “IMU, tasse locali, tariffe, benzina …tutto più caro. Sarà un autunno caldo, anzi rovente!” titolava a caratteri cubitali la prima pagina. L’assemblea si sciolse rapidamente.
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