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Opinioni

UNA MEDAGLIA VERDE AL VALOR CIVILE

DINO AZZALIN - 07/09/2012

Provo i brividi come cittadino e come intellettuale a leggere che Berlusconi o Bossi o tanti altri ancora vorrebbero ricandidarsi alle prossime elezioni. Si deve convenire che davanti alle vestigia di un passato che forse non vuole morire, si prova qualcosa di misterioso e insopprimibile, ma riproporre l’orrore è veramente da sado-masochisti. Un po’ come per una certa parte della vecchia classe politica (di destra, al centro, o di sinistra) che, per quanto obsoleta, indagata, processata e colpevole (e praticamente inutile), resta fieramente arroccata ai privilegi e agli sprechi pubblici.

“ In tacà al cadreghin !” direbbero qui in dialetto. Il niente che hanno fatto per la Nazione e soprattutto il peggio in termini morali e civili che hanno divulgato all’estero dell’Italia, è quanto di più disgustoso si possa immaginare. Impadronirsi dei soldi pubblici e farne quel che si vuole (Lusi, Penati, Belsito eccetera) è una tale consuetudine che mi viene davvero molta nostalgia della Repubblica di Platone dove a governare erano i pensieri migliori, non di una casta, ma di artisti del fare, poieo-poiein-poiesis, una felice declinazione di uomini distintisi per genialità di tecnica con risultati oggettivi al servizio della Polis.

E non chiamiamola aristocrazia, perché ci sono fabbri, sarti, massaie, muratori che fanno bene quel che fanno, e lo fanno onestamente, a loro affiderei la guida della città e non alla mediocrità con cui siamo stati governati finora. Diciamocelo fuori dai denti, la vecchia Solai e Travi di via Carcano, o il moderno scempio di un triste primato di vetri e cemento di via Nuccia Casula, o la vecchia caserma Garibaldi, o altre aree vecchie, abitate da topi e scarafaggi, da decenni dismesse, sembrano dirci che al peggio non c’è mai fine!

E non prendiamocela con gli extracomunitari, i drogati di piazza Repubblica, che sono gli ultimi anelli di una catena debole. Hanno altri e ben più gravi problemi a cui pensare. Al degrado si aggiunge degrado e paradossalmente sono proprio loro a restituire a questi luoghi l’identità perduta, di piazze giardini o di vie lasciate vuote dai varesini (leggasi “La Varese che non c’è più” di Camillo Fiori 28/07/ 2012- RMFonline). Sprechiamo intelligenze e cervelli, per lasciarci governare da idee fasulle, burocratizzate e senza spina dorsale. Consumiamo territorio, distruggiamo arenili, colline, parchi, invadiamo i prati e boschi con cemento, piuttosto che demolire il desueto e ricostruire nella stessa area, come hanno sempre fatto i nostri avi.

E non prendiamocela solo col sindaco o l’amministrazione, o le lobby, perché è in ciascuno di noi che si annida “il male”, che pensa in piccolo e solo al proprio orticello. Piena la “panza” propria ed è finito tutto. Così di generazione in generazione, di scempio in scempio. Altro che oneri di urbanizzazione, siamo al punto che chi difende il verde pubblico e privato merita davvero una medaglia “d’oro verde” al valore civile. Quel che è stato costruito e invenduto da qui a Gallarate, (diecimila appartamenti di terribile architettura) sarebbe sufficiente a far nascere una città fantasma di centomila persone, e intanto la ferita inferta al territorio è per sempre, ripeto: per sempre! Bisogna cambiare le regole, tanto più poveri lo siamo già, ma almeno potremmo essere più felici di vivere in un ambiente più sano e bello. Dovremo dire stop al consumo di territorio e concedere licenze edilizie solo per le ristrutturazioni, per le scuole e gli ospedali, o chi demolisce il vecchio e abbandonato e ricostruisce con le stesse volumetrie preesistenti.

Ma un segnale di segno positivo c’è, e viene proprio dal Comune e dall’Urbanistica, il cambio di destinazione d’uso di alcune di queste aree come la vecchia Aermacchi, la demolizione della vecchia Dogana, o della vecchia Cartiera Sterzi, o in via Medaglie d’Oro, la vecchia villa che stanno finalmente abbattendo, abitata da più di vent’anni da pantegane e scolopendre, o al progetto “Le vele” che sta prendendo il via, sulle rovine di vecchi edifici abbandonati, all’inizio di via Lazio. Sono segnali piccoli, ma nella direzione giusta, perché non si può più pensare che i terreni siano sempre e soltanto oggetto di speculazione finanziaria, ha fatto bene Mario Draghi a togliere le facili prede agli speculatori, alle agenzie di rating, vere e proprie maledizioni (insieme a scelte politiche scellerate) di questa nostra generazione.

L’aggravante è che ci si ostina nonostante l’evidenza a non riconoscere una società che sta cambiando. Siamo a un passaggio epocale e in pochi se ne sono accorti, in primis le banche a cui facciamo da stampella ogni giorno, e la crisi in atto non può far pensare a nuovi complessi mostruosi, ma a nuovi pensieri, altri politici, che la deflazione in atto ci ha da l’opportunità di pensare ogni giorno. Dobbiamo investire nella Cultura e nella Bellezza, senza le quali nessuna “rivoluzione” è possibile, per un nuovo concetto di crescita economica dove l’Arte e l’Ambiente, il mantenimento delle cose di valore, la facciano da padroni sull’Urbanistica e nei Lavori Pubblici.

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