Nei giorni scorsi è stata inaugurata a Londra la Shard Tower il grattacielo ‘scheggia’, progetto dell’architetto genovese Renzo Piano per lo sceicco Abdullah Bin Saud, governatore della banca centrale del Qatar.
Considero con interesse da molti anni i progetti e le realizzazioni di Piano, fortunato e brillante professionista che affronta temi diversi con intelligenza e senso della misura.
Si potrebbe obiettare che la misura questa volta gli è sfuggita di mano, con gli oltre 300 metri (1000 piedi) di questo edificio, il più alto d’Europa. Ma Londra, con le torri già realizzate, “aveva bisogno di uno ‘specchio’ e io gliel’ho dato”. Si tratta di un edificio, infatti, interamente rivestito con lastre di cristallo, dalla base fin quasi alla sommità, per 95 piani. La critica lo definisce come un oggetto ‘piombato sulla terra da uno spazio capitalista’.
Piano afferma, confrontando la edificazione minore con gli edifici alti: “C’è questa idea confusa che le casette siano più ecologiche. Dobbiamo invece rendere più vivibili le città”. Non so se siano state riferite correttamente le considerazioni di Piano e se la vivibilità di una città moderna sia da affidare ai grattacieli. Ma il problema per le città non può ridursi all’altezza degli edifici.
Prendiamo una vicenda più vicina a noi: quella di Milano. Nell’ultimo dopoguerra Gio Ponti progetta e realizza il grattacielo Pirelli vicino alla stazione Centrale, diventato poi sede della Regione. Non lontano dal Duomo sorge la Torre Velasca progettata (con sofferta riflessione) dallo studio BBPR del mio maestro Ernesto Rogers. Poi ancora edifici alti presso le ferrovie ‘Varesine’ e il recente grattacielo Lombardia, nuova sede di rappresentanza della Regione.
A Milano, come a Londra, gli edifici a torre non creano più, ormai, insanabili polemiche. Ma si tratta di capire il loro significato, la loro incidenza sulla storia, sul paesaggio e sul futuro di una città.
I grattacieli sono soprattutto degli ‘oggetti urbani’ perché privi di valore simbolico, rappresentativo di valori di una comunità.
Ha senz’altro ragione, a mio avviso, il presidente del National Trust, Simon Jenkins, a definire la Shard come oggetto ‘piombato da uno spazio capitalista’ perché sostanzialmente espressione di una potenza finanziaria. Espressione estranea alla storia di una comunità forse oggi frantumata e dispersa, ma pur sempre alla ricerca di luoghi e simboli di relazione.
La Shard è un progetto innovativo, una nuova immagine nella città, ma pur sempre solo un oggetto vuoto di significati. Londra non sarà diversa per la sua presenza, ma solo arricchita da una curiosa novità.
Anche nelle nostre città caratterizzate da stratificazioni storiche o, come nella nostra fascia prealpina, inserite in un paesaggio prezioso e delicato, si guarda con preoccupazione a tentativi di proporre edifici di rilevante altezza.
È stato proposto in anni recenti un progetto di unificazione delle stazioni che prevedeva edifici di altezza superiore a 100 metri, per fortuna, con decisione adeguata, contrastati per la difesa della storia e del paesaggio.
So bene che ad alcuni la storia non dice niente e che il paesaggio non eleva loro lo spirito. Tocca ad altri, e a noi con loro, difendere questi valori, per consegnarli possibilmente arricchiti con le nostre opere, a chi ci seguirà.
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