In Italia, nella popolazione adulta tra i 35 ed i 74 anni, il tasso di attacco degli eventi cerebrovascolari su 10 mila persone è il 24,0% per i maschi ed il 15,2% per le femmine. E, considerando solo gli eventi fatali, il 4 negli uomini il 2,9 nelle donne con una larga maggioranza per le fasce di età over 65.
Queste patologie del sistema nervoso centrale sono provocate da alterazioni della circolazione sanguigna che portano ad alterata irrorazione del tessuto in oggetto provocando diversi tipi di danno.
Queste lesioni possono essere prodotte da un trombo o da un embolo, da rottura della parete vascolare o da alterazioni morfo funzionalità della stessa o da aumento della viscosità del sangue che ne alteri il flusso.
Per chiarire, il trombo (che deriva dal greco con significato grumo) è una massa costituita da fibrina, globuli rossi e bianchi che si forma per coagulazione del sangue in un sistema vascolare integro mentre il coagulo si forma all’esterno dei vasi.
L’embolo è invece un corpo di diversa natura (solida, liquida o gassosa) che viaggia all’interno di un vaso, che può completamente chiudere nel momento in cui abbia un diametro superiore allo stesso.
A seconda delle cause il tessuto nervoso può subire un edema, una ischemia (con o senza infarto cioè una lesione del tessuto) od una emorragia.
I sintomi sono ovviamente diversi a seconda dell’area colpita dal danno ma anche dalla durata del deficit di circolazione, che può essere transitorio o definitivo.
La sintomatologia è estremamente varia e va da un evento improvviso ed eclatante fino ad una nettamente più sfumata, subdola, che si aggrava lentamente nel tempo.
La stragrande maggioranza degli eventi vascolari acuti (80%) sono gli ictus ischemici (mancata vascolarizzazione) seguiti da quelli emorragici intracerebrali (15-20%) meno comuni altre forme.
In inglese definito stroke ha una etimologia che deriva dal latino e significa colpo. Se un vaso si chiude il tessuto nervoso servito dallo stesso non riceve più ossigeno e nutrimento e va incontro a lesioni fino alla necrosi se il vaso si rompe il sangue naturalmente non può arrivare a valle della rottura.
La mortalità da ictus è stata valutata del 20/30% nei primi 30 giorni e del 40/50% a distanza di un mese e solo il 25% sopravvive senza conseguenze. L’altro 75% rimane con una forma di disabilità più o meno grave e di questi la metà è portatore di un danno che ne causa la perdita dell’autosufficienza.
Con il termine di TIA (dall’inglese transient ischemic attack/ attacco ischemico transitorio) si intende un evento con caratteristiche simil ictus ma della durata inferiore alle 24 ore.
Molto meno grave dell’ictus vero e proprio ma un campanello d’allarme da non sottovalutare perché spesso predittivo di un evento maggiore.
Dal punto di vista statistico queste patologie sono tra le principali cause di morte in Italia e nel mondo intero.
Fortunatamente nel nostro Paese negli ultimi anni il numero dei casi è in diminuzione e questo grazie ovviamente alla prevenzione ed alle terapie.
Il rovescio della medaglia è l’incremento della prevalenza perché aumentano percentualmente il numero degli anziani nella popolazione in generale.
La conseguenza è che la gestione della disabilità residuale a questi eventi rappresenta una problematica di salute pubblica molto importante per la notevole ricaduta che non è solo economica ma anche familiare e sociale.
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