“Adolescence “ è il titolo della fiction Netflix ambientata in Gran Bretagna.
Che si arrivasse a 25 milioni di spettatori sparsi nel mondo non se lo aspettavano nemmeno i produttori inglesi, tre padri: il regista, il produttore e lo sceneggiatore che si interrogano sulla fatica di essere genitori.
La storia l’hanno composta dopo aver esplorato per mesi l’universo dei ragazzini inglesi. Perché un tredicenne accoltella una compagna? Sono intervenuti numerosi esperti in campo socioeducativo confrontandosi soprattutto sugli effetti negativi della rete. Secondo loro la storia può fungere da specchio per noi spettatori perché il suo significato va ben oltre la riflessione sul preoccupante fenomeno degli accoltellamenti di ragazzine da parte di coetanei. Nel 17% dei circa 18mila casi verificatisi in Gran Bretagna nel 2023 gli atti criminosi sono attribuiti a teenager tra i 10 e i 17 anni.
Qui l’accoltellatore è il tredicenne inglese Jamie, ragazzino dal faccino pulito, sveglio e ben educato, cresciuto in una famiglia tranquilla. La prima reazione è puntare il dito contro la famiglia: il loro figlio non sarà il prodotto di una cattiva educazione, di un pessimo rapporto con il padre o con la madre, di uno smodato uso d droghe sfuggito al controllo genitoriale?
Mamma e papà, nel migliore dei nostri giudizi, sarebbero colpevoli di omissione perché non hanno saputo vedere e capire, troppo impegnati nel lavoro, autoritari o lassisti, poco acculturati, di certo emarginati. È straziante la costernazione di una madre, di un padre e di una sorella affettuosi, quando la polizia va a prelevare Jamie. L’autore del delitto non può essere il loro bambino che infatti nega fino all’ultimo nonostante le prove siano schiaccianti.
Dentro Jamie covano rabbia, rancore, sconforto, paura del mondo, isolamento e disagio ma né la famiglia né la scuola li hanno saputi cogliere. Nelle quattro puntate si alternano adulti in difficoltà: un padre distrutto, un investigatore sensibile, genitore di un figlio bullizzato, una psicologa capace e altamente professionale. Il gioco di rimandi con Jamie è sfibrante perché la consapevolezza del gesto compiuto tarda a venire alla luce.
Con Jamie siamo come il padre e la madre, in attesa del colpo di scena che ce lo restituisca innocente, di qualcosa che attribuisca il delitto a un altro, magari al compagno borderline, trascurato e maltrattato in famiglia, uno di cui si possa dire che era il frutto malato dell’emarginazione.
Poi inciampiamo nel mondo cupo e desolato del dark web, dei social malati, dei blog gestiti da violenti influencer, delle chat violente e misogine, dove il maschio rifiutato dalle femmine viene deriso, isolato, ricoperto di insulti.
La fragilità degli adolescenti la sentiamo nostra. Nostro è anche il disorientamento di fronte alle emozioni senza nome dei ragazzi, al dolore del crescere, ai conflitti con sé e con il proprio corpo, ai lunghi silenzi dove pesano le parole non dette.
Vi invito a scoprire Adolescence perché è una fiction educativa ma non didascalica, che non offre soluzioni ma pone domande necessarie. Perché, per ammissione dei produttori dobbiamo puntare tutti i nostri sforzi sul dialogo riconoscendo l’urgenza di mantenere sempre aperta la comunicazione con i figli.
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