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Attualità

CARTE RUBATE

SERGIO REDAELLI - 11/04/2025

copertinasacromonteChe fine hanno fatto i disegni originali, gli schizzi, le planimetrie, i progetti e i carteggi delle quattordici Cappelle del Rosario comprese nel percorso sacro sopra Varese a cui si cominciò a lavorare con gli sterri del 1604? Dove sono finiti i progetti delle scenografiche architetture attribuite a Giuseppe Bernascone, detto il Mancino, quasi tutte realizzate entro il 1623? Ed è mai possibile che non esistano le tracce grafiche, i disegni, le carte delle singole costruzioni? Sono domande senza risposta. Mistero sulle cedole d’appalto, sulle commissioni degli uomini d’arte, sulle note delle spese, dei lavori, dei costi, dei tempi e degli uomini impiegati nella costruzione della Via Sacra. Fatta eccezione per le carte del notaio Modesto Dralli rintracciate dal professor Silvano Colombo che documentano i lavori tra il 1605 e il 1611.

“Alla fortuna dell’opera è seguita sorte nefasta per i documenti”, constata amaramente in uno dei suoi libri lo storico Luigi Zanzi, impareggiabile indagatore degli aspetti filosofici e sociali della religiosità del ‘600 e dei Sacri Monti lombardi e piemontesi. Oggi è tuttavia possibile avanzare un’ipotesi del tutto verosimile. La documentazione fu molto probabilmente rubata, così come è accaduto al nucleo di manoscritti ritrovati dallo storico Mario Comincini e ora pubblicati nel libro Il cantiere del Sacro Monte di Varese – Trent’anni di storia nei verbali di un registro ritrovato 1649-1678, a cura della Società Storica Varesina (186 pagine, 20 €). Parliamo di documenti che si riferiscono a quarant’anni dopo l’inizio dei lavori alla Via Sacra, su cui permane il mistero delle carte sparite.

Che si sia trattato di un furto lo afferma espressamente l’autore, che ricostruisce i tempi del fattaccio e fa anche i nomi e i cognomi dei presunti responsabili. Accadde dopo la soppressione napoleonica del monastero di Santa Maria del Monte, nel 1798, a cui seguì il trasferimento di gran parte dell’archivio dalla canonica al Fondo di Religione (oggi presso l’Archivio di Stato di Milano), dove il registro e altri documenti annessi furono trafugati e poi venduti nel 1830 al conte Francesco Melzi. Dopo alcuni passaggi ereditari, le carte finirono nella biblioteca dell’Istituto delle Canossiane Barbara Melzi di Legnano. Dove Comincini le ha fortunosamente ritrovate mentre indagava su altri argomenti.

Il committente del furto fu con ogni probabilità lo spregiudicato antiquario Paolo Antonio Tosi che faceva incetta di materiale di provenienza furtiva nella propria bottega in contrada di S. Margherita a Milano e che per questa attività era noto alle forze dell’ordine. Risulta infatti incriminato per vendita di libri proibiti. Per la verità, Tosi non era l’unico commerciante disonesto a Milano. Il furto dei manoscritti antichi e la rivendita a facoltosi collezionisti rendeva bene e talora avveniva su segnalazione degli stessi antiquari (con le leggi attuali il conte sarebbe passibile d’incauto acquisto). Venendo al libro, il critico Vito Zani rileva nella prefazione che “la ricchezza e l’importanza dei contenuti ne fanno uno strumento imprescindibile di studio della Via Sacra”.

Documenti alla mano, l’autore ricostruisce la vita della congregazione che gestiva il cantiere, i contrasti interni tra le componenti laiche e religiose, il problema del maneggio dei soldi e delle elemosine raccolte al santuario, il ruolo dell’arcivescovo Federico Borromeo, l’intervento di Paolo V Borghese con un Breve papale, le forme dei meccanismi decisionali. E, ancora, le carte ritrovate e commentate da Comincini danno conto dei rapporti tra gli artisti e la congregazione, delle controversie per i compensi, della committenza di alcune cappelle e delle modiche costruttive. Il volume, elegantemente curato da Marco Tamborini per la serie monografica della Società Storica Varesina, si prenota scrivendo a: segreteria@societastoricavaresina.org.

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