In una recente Newsletter della Fondazione Feltrinelli, dedicata ai giovani e al futuro, si può leggere un’analisi, ripresa da alcuni giornali, interessante quanto inquietante. Lo testimonia anche questo breve stralcio: “Sul Financial Times il co-conduttore del podcast, il Prof G Market, scrive che la Gen Z è la generazione più ansiosa, sola e povera della storia recente. I livelli di depressione sono raddoppiati dall’introduzione dell’iPhone, la solitudine è in aumento e, per la prima volta, i giovani guadagneranno meno dei loro genitori…”.
Si aggiungono anche altre considerazioni del tipo: i giovani preferirebbero diventare influencer piuttosto che gestire un team. Sembra che le percezioni di molti di noi coincidano con le analisi più o meno sociologiche. Giustamente nella Newsletter si trova anche una riflessione che sottolinea come “le giovani generazioni sono spesso raccontate dal mondo adulto con narrazioni che le descrivono per difetto, attraverso categorie cliniche e stereotipi moralizzanti.”
È certo che ogni generalizzazione è inutile, a volte addirittura pericolosa. Quello che conta è avere più strumenti di analisi e diversificati punti di vista. Facciamo l’esempio di come si tenda ad affermare in modo netto che i giovani non leggono e scrivono male. Le prove non mancano ma la realtà è molto più articolata. A livello varesino uno sguardo sulla scrittura giovanile è offerto da anni dal Premio Chiara Giovani. Si dirà che è un’isola felice la partecipazione di molti giovani – per l’edizione di quest’anno, la trentaseiesima, nati tra il 1 gennaio 2000 e il 31 dicembre 2010 – che hanno voglia e bisogno di raccontare attraverso la scrittura.
Obiezione legittima ma che nulla toglie al valore di leggere anche in questo modo uno spaccato, forse di nicchia ma reale, del mondo giovanile. Lo è per vari motivi: i giovani che partecipano, non sono solo varesini ma di varie regioni italiane e del Canton Ticino, e i temi assegnati, che variano di anno in anno, fanno emergere la visione del mondo. Insomma il Premio Chiara Giovani, che anche quest’anno ha la collaborazione dell’Ufficio Scolastico di Varese, è un laboratorio di osservazione sull’evoluzione del modo di scrivere e di pensare.
La parola di quest’anno per costruire un racconto di seimila battute è luogo. Sarebbe interessante confrontare – un suggerimento per gli amici del Premio Chiara? – racconti, a partire dallo stesso input, scritti dai giovani con quelli di over sessanta o settanta, e oltre. Una bella gara. Vincerà il locus amenus o il locus terribilis, abitato da mostri?
Domineranno i luoghi comuni o le reminiscenze scolastiche, come il verso dantesco pronunciato da San Pietro contro Bonifacio VIII: Quelli ch’usurpa in terra il loco mio. Oppure il genius loci o un luogo privato? Un luogo di pena o un agognato luogo di vacanze? Sicuramente l’età di chi scrive darà una risposta narrativa e sarà uno specchio socio-culturale. Scrivere aiuta a tutte le età: un modo per ordinare i pensieri, per comunicare con se stessi e con gli altri, e – perché no – per continuare ad apprendere. Anche dalla vita. O semplicemente – come faranno i giovani che parteciperanno al concorso di quest’anno (la scadenza è fissata per il 21 aprile) – per tentare di vincere (tutte le informazioni e anche il calendario della Primavera del Premio Chiara sono reperibili sul sito, www.premiochiara.it) ma soprattutto per mettersi alla prova. E sentirsi meno soli. In fondo la scrittura regala anche questo.
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