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Sport

LA PERFEZIONISTA

FLAVIO VANETTI - 28/03/2025

?????????????????La morale della carriera agonistica di Federica Brignone, campionessa dello sci che ho avuto la fortuna di seguire e raccontare fin dal suo avvento nella Coppa del Mondo – correva l’anno 2007, lei era appena diciassettenne – è molto semplice: si può sempre migliorare ed è meglio che ti impegni in questo senso quando hai la percezione di essere al “top”. Il vertice, dunque, non come approdo ma come punto di (ri)partenza.

Ecco, la stagione magistrale che Federica da La Salle, profonda Val d’Aosta (ma lei è di origini milanesi, figlia di Ninna Quario, ex slalom-gigantista della Valanga Rosa, e di Daniele Brignone, savonese, maestro di sci a riposo), ha vissuto e ci ha regalato, nasce da un impegno costante alla ricerca della perfezione. Nel suo caso, spesso, è addirittura maniacale e, a dirla tutta, perfino esagerata: quando perde, nei giorni successivi si tuffa negli allenamenti come se non ci fosse un domani, rabbuiata e imbestialita con sé stessa. E’ successo pure di recente, per la precisione a gennaio, prima a Kranjska Gora e poi a Plan de Corones, tappe di slalom giganti che lei ha “cannato”, scivolando e ottenendo quel DNF (did not finish) che è l’incubo di tutti gli sciatori agonisti.

Ha vissuto peggio la prima delle due cadute: ha addirittura confidato che avrebbe voluto chiudersi in una di quelle stanze completamente insonorizzate, nelle quali hai il permesso di sfasciare tutti gli oggetti che trovi. Siamo all’eccesso, certo, perché l’annata di Federica volgeva già al bello, anzi al bellissimo, ma questo atteggiamento spiega molto di lei, detto che un po’ aveva ragione perché quelle due gare con zero punti accumulati si sono riverberate sulla corsa alla coppa di specialità, terzo trofeo stagionale dopo quello generale e quello della discesa che potrebbe conquistare negli Usa proprio mentre scriviamo queste righe (per la cronaca, l’impresa passa attraverso una rimonta da 20 punti sulla neozelandese Alice Robinson).

Tornando alla Brignone costantemente “in progress”, desiderosa di farlo, la prova regina di questa mentalità sta nella dimensione da velocista – meglio, anche da velocista – raggiunta in questi anni, fino all’apoteosi della coppa della discesa (impensabile solo un paio di anni fa) e dell’essere stata fino all’ultima gara in lotta con la ticinese Lara Gut-Behrami per quella del superG (l’ha spuntata la svizzera, con una clamorosa manche a Sun Valley, detto peraltro che l’azzurra, pur sconfitta, ha concluso comunque terza e un’altra volta sul podio). La genesi di Federica Brignone come sciatrice è nel gigante, che è un po’ la disciplina “centrale”: poi decidi se aggiungere lo slalom (una repubblica a parte) o se spostarti verso il mondo dell’high speed, appunto tra discesa e superG. Lei ha scelto questa seconda strada, avendo nell’anima l’idea della polivalenza (che nello sci di oggi, in termini assoluti e completi, è sparita perché è praticamente impossibile essere ad altissimo livello in 4 discipline, come un tempo accadeva, per dire, con gli assi norvegesi Kjus e Aamodt). La sua pecca nelle gare veloci era la scarsa propensione allo scivolamento. Ma da quando ha avuto a suo fianco Davide, il fratello allenatore che è anche guru, consigliere, amico, psicologo, mental coach, ha impostato un lavoro specifico che proprio in questa stagione s’è concretizzato, dopo i segnali delle scorse annate, nel fatto di riuscire a stare davanti a chi ha una maggiore propensione naturale per queste specialità, cominciando da quella Sofia Goggia che della libera ha pure vinto, nel 2018, il titolo olimpico.

Già prima nella Coppa del Mondo nel 2020 (l’annata particolare delle chiusure per l’emergenza sanitaria), avendo già in bacheca trofei e medaglie (quella più recente è l’oro iridato in gigante), Federica non ha smesso di interrogarsi per capire che cosa aggiungere al repertorio. E in questo cimento continuo ha pure abbattuto il pregiudizio che l’età possa essere un limite: tutto falso, lei a 35 anni ormai in arrivo è più forte che a 20, avendo da aggiungere alle munizioni quella maturità e quell’esperienza che da giovani non si ha.

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