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Società

BRINDISI COL MARE

GIOIA GENTILE - 28/03/2025

vespucciLa giornalista guarda il nostromo con aria estatica: “Quando uno capisce che ce l’ha fatta?” “Quando c’è riuscito” risponde il nostromo ridendo. Sono tutti e due sull’Amerigo Vespucci, che sta per entrare nel porto di Trieste dopo un giro del mondo durato venti mesi. Stanno parlando del momento in cui il veliero ha doppiato Capo Horn. Il nostromo ha appena spiegato che era una sfida con sé stessi, il loro sogno da quando erano partiti e che era difficile si avverasse, per le imprevedibili condizioni meteorologiche e del mare. Invece sono riusciti a sfruttare una finestra giusta, si sono buttati e ce l’hanno fatta. “La tradizione, quando si doppia Capo Horn, è poi brindare col rhum, e versare un po’ di rhum in mare, per il mare, che l’ha fatto con noi, alla fine” aggiunge il nostromo. Questo modo di pensare il mare come fosse una persona o una divinità – come fanno del resto anche coloro che vivono a contatto con la montagna o con altre realtà naturali di cui si avverte la potenza – mi ha emozionato. Perché in quei marinai ho rivisto Ulisse e il “folle volo” cui tendono tutti gli esseri umani; nella loro sfida con sé stessi e nel rispetto verso la natura ho letto il desiderio di non “viver come bruti”. E quale modo migliore, per realizzare quel sogno, che affidarsi a un veliero che dopo novant’anni può ancora solcare i mari?

La puntata di Linea verde Italia, in onda su RAI1 sabato 22 marzo alle 12,30, è stata tutta girata sulla “nave più bella del mondo”. Sono rimasta incollata a guardarla. Legni lucidi, ottoni brillanti, quadri alle pareti: mantenuta come un hotel di lusso, unisce tecnologia moderna a strumentazioni tradizionali. La passione di tutti coloro che sono a bordo la rende ciò che è: ognuno ha un compito e lo esegue con grande scrupolo, consapevole di essere un privilegiato.

La definizione di “nave più bella del mondo” le fu data dal comandante della portaerei statunitense Indipendence, quando nel 1962 la incrociò nel Mediterraneo. Sessant’anni dopo, nel 2022, il comandante di un’altra portaerei statunitense, la George H.W. Bush, incrociando il nostro veliero, di nuovo nel Mediterraneo, chiede “Siete il veliero Amerigo Vespucci della Marina Militare Italiana?” Alla risposta affermativa, gli Americani la incoronano per la seconda volta: “Dopo 60 anni siete ancora la nave più bella del mondo”. Ho letto che le grandi navi, quando la incontrano, spengono i motori, rinunciano alla precedenza e suonano tre colpi di sirena in segno di saluto. Anche questa cavalleria del mare mi emoziona.

E il pensiero, allora, va inevitabilmente all’altra, la sua gemella, la Cristoforo Colombo, e alla sua triste fine. Dopo la Seconda Guerra Mondiale dovette essere ceduta all’Unione Sovietica, che la utilizzò come nave scuola, non prima di aver ridipinto lo scafo di grigio (non sia mai si fosse distinta dal grigiume imperante). Nel 1962 avrebbe dovuto essere sottoposta a lavori di manutenzione. Troppo onerosi. Venne quindi disalberata e adibita a trasporto legname e nel 1963 bruciò con tutto il carico. Il suo recupero fu ritenuto economicamente non conveniente e nel ’71 fu definitivamente demolita.

Forse i sovietici non avevano offerto libagioni al mare.

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