Recentemente l’occupazione in Italia ha sfondato la quota dei 24 milioni e 220mila lavoratori. Si tratta di un dato importante (sia pur nelle sue disparità Nord/Sud – Uomini/donne – Tempo indeterminato/determinato ecc. ecc.) che segna una netta inversione di tendenza rispetto agli anni tristemente segnati dal covid.
Eppure per uno dei tanti paradossi del nostro Paese nonostante l’aumento di occupazione cresce il malessere nei posti di lavoro. Secondo un recente sondaggio del McKinsey Health Institute il 16 per cento dei dipendenti soffre di “burnout”, la sindrome da stress lavorativo, con un aumento del 18 per cento nelle malattie professionali legate a disturbi psichici rispetto al primo trimestre 2023. Una diffusione che colpisce soprattutto i lavoratori di piccole aziende, probabilmente meno strutturate dal punto di vista del welfare e i dipendenti più giovani.
È stato questo uno dei temi al centro della presentazione a Roma presso la sede della Camera di Commercio del “Manifesto del buon lavoro” organizzato dalla Compagnia delle Opere, associazione di imprese di ispirazione cattolica, sulla base di molteplici incontri avuti durate le edizioni del Meeting di Rimini con l’obiettivo di sostenere un lavoro all’altezza del desiderio umano. La Cdo crede che il successo di un’impresa si misura dalla sua capacità di generare valore duraturo per tutti, per i lavoratori e per la società, non solo per gli azionisti. Questo richiede un cambiamento di concezione del lavoro, una educazione continua, “un lavoro nel lavoro” da parte di tutti i soggetti coinvolti (imprenditori, manager, dipendenti, professionisti, scuola, istituzioni).
Nel manifesto la Cdo sostiene alcune azioni concrete. Innanzitutto, “il lavoro deve tornare ad essere fonte di relazioni positive. Si deve rivedere l’organizzazione nelle imprese affinché il dipendente non si senta ‘schiacciato’, ma rafforzato nella sua libertà. Lavorare deve essere un’avventura positiva, in cui ciascuno è protagonista e partecipe del miglioramento del mondo”.
Da questo punto di vista la recente approvazione alla Camera del disegno di legge per la partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale, agli utili delle imprese (previsto 77 anni anni fa dall’articolo 46 della Costituzione) costituisce un importante traguardo, come ha spiegato il relatore della legge, l’onorevole Lorenzo Malagola, intervenendo all’incontro.
Ancora, secondo il manifesto della Cdo, occorre “sostenere le imprese che valorizzano la creatività dei collaboratori, introducendo sistemi di premi defiscalizzati, rivolti a singoli o a gruppi che propongono idee di miglioramento dei prodotti o dei processi produttivi, come avviene per i premi di produttività aziendale”. La flessibilità organizzativa (smart working, settimana corta) deve diventare patrimonio culturale e professionale di chi progetta e struttura le organizzazioni pensando al bene integrale dei collaboratori.
Un libro dei sogni? Dalle testimonianze emerse nell’incontro sembra di no. C’è l’imprenditore bolognese che racconta come ogni anno la sua impresa “regali” un evento alla città (interamente realizzato durante le ore di lavoro) e quello che ricorda l’importanza del volontariato aziendale nel suo caso svolto ai magazzini del Banco Alimentare di Roma.
La Cdo sostiene il Codice per le imprese in favore della Maternità promosso dal Ministero per la famiglia, la natalità e le pari opportunità e ricorda come oggi la formazione sia la nuova frontiera di sviluppo soprattutto davanti al fenomeno inarrestabile delle immigrazioni.
«Ci si domanda sempre più sul difficile rapporto tra vita lavorativa e sfera personale. È qualcosa su cui dobbiamo lavorare. Proprio per questo motivo vogliamo avere un impatto concreto riguardo a questo cambiamento, organizzando occasioni di incontro, dialogo, confronto, formazione, creando una vera e propria “scuola di impresa” per affrontare insieme le sfide dei prossimi anni – ha concluso Andrea Dellabianca, presidente nazionale di Cdo – Dobbiamo ripensare l’organizzazione dei tempi e luoghi di lavoro non perché ci viene richiesto, ma perché pensiamo che sia di beneficio per l’imprenditore e i lavoratori».
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