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Parole

OLTRE? NO, INDIETRO

MARGHERITA GIROMINI - 28/03/2025

memoriaAbbiamo dedicato poca attenzione alla scuola in questo periodo, colpa anche dell’incombente attualità degli ultimi tempi. Constato che non si è attribuita la giusta importanza alle novità che la investiranno nei prossimi anni.

Sono in preparazione per l’anno scolastico 2026-2027 le nuove indicazioni nazionali per la scuola del primo ciclo. Si propongono cambiamenti metodologici e culturali di un certo peso che innestandosi nel tessuto dei programmi in atto da qualche decennio ridurranno o addirittura annulleranno metodologie e pratiche didattiche ampiamente condivise e consolidate.

Non intaccheranno direttamente la libertà di ogni docente essendo indicazioni, tuttavia indicheranno “il” percorso che modificherà gli assetti della scuola, dai libri di testo agli orari, agli incarichi dei docenti.

Senza troppi clamori il Ministro dell’Istruzione e del Merito sta portando la scuola a un cambio di direzione epocale, una sorta di salto indietro nel tempo, nientemeno al periodo della scuola media dei primi anni Sessanta.

Si inizia con il ritorno del latino. La reintroduzione seppur in forma opzionale del suo studio dalla seconda media appare come una contromossa: tornare alle origini lontane del mondo romano anziché potenziare l’accoglienza delle tante lingue e culture presenti nelle nostre scuole.

Non direi mai che il latino non serve ma ritengo che sia una materia di studio impegnativa che necessita di una pregressa solida competenza nella lingua madre. Appare quanto meno altisonante la giustificazione del suo inserimento nei curricoli del primo ciclo di istruzione: il suo scopo è “collegare il mondo che si è espresso in latino con l’esperienza degli studenti e con la realtà contemporanea, instaurando una virtuosa dinamica di acquisizione del passato, comprensione del presente e confronto con le sue istanze, preparazione per il futuro”.

Tra i cambiamenti proposti c’è il ritorno alla pratica dell’apprendimento a memoria delle poesie, in particolare nelle classi della primaria. Il rinforzo della memoria può essere un buon esercizio ma non si comprende perché si debba ricorrere proprio alla poesia quando ci si potrebbe allenare con le tabelline, le formule matematiche, le date storiche importanti.

Pare che si voglia istaurare un sistema di insegnamento vetusto anziché provare a guardare “oltre” per rendere i nostri programmi più europei, inserendo ad esempio più attività motoria, più educazione civica, più inglese, solo per citare le voci di maggior peso.

Anche lo studio della letteratura fin dal primo anno della primaria appare pretenzioso: si pone l’obiettivo di “imparare a scrivere bene”, con “primi accenni di epica classica, mitologia greca e orientale e a saghe nordiche”. Data l’età degli scolari di prima classe desta perplessità la proposta di leggere la Bibbia in forma semplificata nell’ambito della lezione di storia.

Lo storico Antonio Brusa si chiede “chi spiegherà ai bambini il Libro dei Re o il Deuteronomio?”.

Sempre per la primaria si privilegerà la storia d’Italia, dell’Europa e dell’Occidente con grande risalto alla storia dei popoli italici, alle origini e alle vicende dell’antica Grecia e di Roma, alle loro civiltà e ai primi secoli del Cristianesimo.

Si afferma inoltre che gli strumenti d’indagine prodotti in Occidente hanno consentito alla nostra cultura di farsi intellettualmente padrona del mondo, di conoscerlo, di conquistarlo per secoli e di modellarlo.

Il materiale della bozza contenente le indicazioni viene sottoposto al personale della scuola, ai sindacati e alle associazioni che si occupano di educazione. C’è da augurarsi che l’esito delle consultazioni sul testo proposto ponga rimedio alle derive culturali e ideologiche contenute del testo originario.

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