Si è sentita la mancanza. In questo mondo di pazzi che giocano alla guerra decisi ad annientare l’avversario, l’assenza della voce esile e miracolosamente potente del papa, del suo lucido pensiero, del caldo e quotidiano conforto della sua bianca figura l’hanno sentita in tanti, non soltanto i cattolici. Dalla stanza del Policlinico Gemelli, per la verità, con le cannule al naso per respirare, Francesco ha provato in tutti i modi a fare uscire all’esterno parole di pace. Sempre paterno, tenace, commovente, malgrado la sofferenza fisica. La polmonite bilaterale sembra risolta, ora lo aspettano due mesi di convalescenza. Purtroppo è ancora lontana dal risolversi, invece, la crisi di valori che mette a rischio i confini tra l’Europa, l’Asia e il Medio Oriente.
La voce di Francesco forse parla nel deserto, ma è l’unica convincente fra i folli proclami di chi pretende di sloggiare un intero popolo per insediare le proprie comunità, di chi versa il sangue di gente pacifica sull’altare delle proprie nostalgie imperialistiche, di chi stermina vecchi, donne, bambini e giovani soldati costretti a combattere per difendere il proprio Paese. In troppi, cinicamente, lasciano fare. Compresi i maghi e i prestigiatori che promettono la pace con la bacchetta magica mentre i massacri continuano, che dispensano facili soluzioni per ostentata vanità politica, che sognano grattacieli e luna park sui cimiteri, che mettono davanti a tutto il proprio ego.
Sbaglia anche chi non misura le parole. “Seguiamo con preoccupazione la ripresa dei combattimenti a Gaza che mette a repentaglio gli obiettivi ai quali tutti lavoriamo, il rilascio degli ostaggi e una fine permanente delle ostilità”, ha detto Giorgia Meloni all’indomani dell’invasione che ha rotto la tregua a Gaza provocando quattrocento morti palestinesi nel giro di 24 ore. Erano davvero combattimenti? O piuttosto la sistematica ed impari distruzione del misero popolo che sopravvive sotto le macerie delle proprie case? La drastica soluzione militare, andarsene o morire, pretesa dall’ultradestra per rientrare nel governo Netanyahu, non risolve il problema. In Palestina vivono sette milioni di ebrei e sette milioni di arabi e devono imparare a coesistere.
Con il filo di voce che gli resta, il convalescente di Santa Marta continua a predicare dialogo e fraternità e per fortuna qualcuno lo sostiene. Non l’ineffabile Salvini pacifista che sfoggiava con orgoglio la maglietta di Putin sulla Piazza Rossa e si faceva fotografare con il primo ministro Orbàn davanti ai reticolati sul confine ungherese. Non lui, ma il mondo musulmano. Gli auguri a Bergoglio giungono da Ahmad al-Tayyib, il grande imam di Al-Azhar, la più alta autorità sunnita che nel 2019 firmò con il papa il documento sulla fratellanza tra il cristianesimo e l’islam ad Abu Dhabi. “Una bussola per il dialogo”, conferma l’imam della Grande Moschea di Roma, Nader Akkad: “La pace non s’improvvisa, va costruita”.
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