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Cara Varese

IL PACIFISMO IN FORMA BOSINA

PIERFAUSTO VEDANI - 29/06/2012

Le “Frecce Tricolori”, pattuglia acrobatica dell’aeronautica militare, hanno catturato la scena televisiva volando nel cielo della Versilia dopo che il popolo italico dei motori non si era ancora ripreso dall’esaltante shock procuratogli dalla inattesa vittoria di Alonso con la sua Ferrari a Valencia.

Un indimenticabile pomeriggio di straordinario tifo e di immensa soddisfazione anche per chi non ama il volo e per chi guarda all’auto come a un rilassante mezzo di trasporto utilizzabile solo nelle poche ore lontane dai trasferimenti di massa , feriali o festivi che siano.

Ai varesini più attenti alle vicende di casa le “Frecce Tricolori” hanno fatto riaffiorare l’antico orgoglio del primato industriale: erano figli di operai e tecnici del territorio i dieci jet che scalavano il cielo o davano vita a picchiate, tonneau, molteplici figure di incredibili precisione e, come gesto d’amore ai terremotati di Emilia e Lombardia, tracciavano archi tricolori nel cielo azzurro. Erano aerei il cui progetto ha trent’anni e ancora oggi sono imbattibili e richiesti sui mercati dei velivoli per l’addestramento dei piloti.

Hanno la sigla MB 339, dove la emme maiuscola sta per Macchi, la grande azienda oggi attiva a Venegono, e la B per Bazzocchi, il loro progettista, (nato a Tradate nel 1914, ove morì nel 2005,) che, studente in ingegneria al Politecnico di Milano, nel 1936 vinse i littoriali della cultura con un suo progetto.

Quando il commentatore televisivo della manifestazione versiliese ha ricordato la matrice varesina dei gioielli del volo che sono gli MB 339, ecco scatenarsi i ricordi di un mito, qualcuno anche amaro, come gli sgarbi fatti a Ermanno Bazzocchi da qualche nostra istituzione, altri bellissimi come la festa in suo onore e il premio della Provincia – era l’anno 2000 – che videro a Villa Recalcati giovani e vecchi grandi cavalieri del cielo diventati storia della nostra aeronautica.

E pure il Pirellone celebrò questo silenzioso, instancabile lombardo. In prima istanza il nostro Comune, non eravamo ancora nella seconda Repubblica, accantonò invece l’ipotesi di un riconoscimento all’ingegner Bazzocchi, che aveva salvato la Macchi nel dopoguerra con scelte progettuali e industriali molto azzeccate, che era stato protagonista anche nella gestione aziendale. Ci fosse stata a Palazzo Estense una giunta comunale di sinistra, pazienza, si sapeva del pacifismo “mancino”, allora tollerante verso i MIG sovietici, ma non con l’Europa occidentale,” liberticida e guerrafondaia”; accadde così che con imbarazzo e in forma confidenziale venisse sussurrato il motivo del no a un riconoscimento a Bazzocchi. Perché? Perché Bazzocchi aveva lavorato in un’industria bellica!

In qualsiasi schieramento, a qualsiasi ideologia esso si ispiri, può improvvisamente presentarsi una forma acuta e incontrollabile di autolesionismo.

La conferma della gravità della forma bosina di pacifismo venne da un invito arrivato all’ingegner Bazzocchi a tenere un ciclo di lezioni accademiche. L’industria e l’aeronautica militare della Repubblica Popolare Cinese per una serie di incontri di studio avevano scelto il papà dell’MB 339.

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