Secondo i numeri del PGT Varese avrebbe un crollo di residenti, ma l’Istat parla invece di stabilità
Per ora si minimizza: “Normale confronto dialettico” A Varese, tanto il sindaco Galimberti quanto il presidente della Commissione Urbanistica Marasciulo – entrambi avvocati ed entrambi Pd, così come l’assessore alla partita Civati – non manifestano preoccupazione per la presa di posizione del M5S, alleato in maggioranza ma fuori dalla Giunta, che è uscito allo scoperto con un documento che non manifesta esattamente entusiasmo per quanto si è visto sinora sul Piano di Governo del Territorio. Parliamo del PGT, la bandiera, il “super-navigatore” dei grandi indirizzi per il futuro di Varese.
Il documento, di una quindicina di pagine, presentato dalla rappresentante del “Gruppo Territoriale” M5S Francesca Bonoldi con il tavolo degli esperti che l’hanno redatto è ben scritto, evita posizioni apertamente polemiche, ma dice anche cose chiare, del tipo: vanno bene i principi, come la riduzione / abolizione di consumo di suolo, ma occorrono strumenti normativi, ci si premuri anzi di adottare un regolamento edilizio comunale, visto che l’ultimo è di mezzo secolo fa. Bene con i “Master Plan” come quello della Valle Olona, dell’area ex Macello, ma almeno confrontiamoci. E se si é tanto all’ambiente, puntiamo su iniziative come le CER, le Comunità energetiche e rinnovabili, oltre che su trasporti pubblici più sostenibili. Infine, ricordiamo anche la dimensione sociale delle politiche abitative. Insomma, osservazioni, anche critiche, ma parlare di “fuoco amico” suonerebbe eccessivo. Tutto a posto allora? Data l’uscita a sorpresa, nessun altro fine politico o presa di distanze dunque.
Noi ci permettiamo di essere un po’ più critici. L’assessore Andrea Civati nella presentazione dello scorso 1 febbraio in Sala Montanari (unico momento pubblico da un anno a questa parte), orientata agli “addetti ai lavori”, ma con poco spazio per un reale confronto, ha sottolineato la scelta dell’affidarsi a una “collaborazione per un fondamento scientifico, non con studi di pianificazione ma con esperti universitari”: della facoltà di Architettura del Politecnico e quelli dell’Insubria per la parte economico-demografica. Una scelta vincente? Lo mostreranno i fatti, purché non ci mettano troppo tempo, visto che sono passati due anni. Per ora si parte con un piede mezzo storto ed è la descrizione del “paziente” su cui si interviene.
Sorprendentemente, i numeri (Insubria) presentati descrivono una Varese che non c’è: una città che da qui al 2040 perderebbe ben il 14% degli abitanti, il che su 78 mila residenti, vuol dire 11 mila in meno, “secondo elaborazioni su dati Istat”. Ebbene, fortunatamente le cose non stanno così, perché è proprio l’Istat a prevedere una stabilità della popolazione sia per il capoluogo sia per la provincia. Come si spiega questo divario? Con l fatto che l’analisi su cui si basa il PGT tiene conto solo del saldo naturale della popolazione, cioè la differenza tra i nati e i morti, dove in effetti i primi sono ogni anno poco più della metà dei secondi (500 contro 1000). Ci si dimentica però dei nuovi arrivi, dove mentre quelli da e per altre province italiane si compensano con le partenze, quelli da e per l’estero coprono tutto il gap nati/morti. La differenza anche in termini sociali e urbanistici è fondamentale: i nuovi arrivati sono in genere di persone giovani, che quindi portano nuovi figli. Il risultato è che avremo più anziani per effetto dell’invecchiamento e più bambini per effetto dell’immigrazione, mentre si assottiglia la fascia in mezzo (15-64 anni). Naturalmente sono previsioni, ma questo è il quadro.
In un PGT, secondo quanto visto finora, che dedica molto spazio a descrivere strati del territorio e corsi d’acqua ma poco ai flussi di traffico e d economici, manca a nostro avviso una visione del futuro del lavoro. Sappiamo da tempo quanti (oltre 2800) ogni mattina a Varese piegano a nord verso la Svizzera, ma non sappiamo quanti e con che profilo prendono la strada o ferrovia verso Milano e aree vicine. Ci diciamo a oltranza che Varese è punto d’incontro tra un “asse verticale” tra Milano e Zurigo, passando per Lugano, e un “asse orizzontale” che è quello dei laghi e dell’Insubria, ma mentre l’area Busto-Malpensa sembra maturare una sua progettualità, quella varesina è ancora alla ricerca di un ruolo, che possibilmente non sia quella del dormitorio per i poli magnetici Ticino-Milano, come un anno fa ammoniva in Salone Estense il professor Aldo Bonomi.
Della riduzione del consumo di suolo si parla da anni, anche nel piano precedente, ma occorre pensare a strumenti, perché per esempio, nella rigenerazione urbana si può recuperare in altezza quel che si diminuisce il superficie (il PGT di Milano lo prevede) e una amministrazione che nel 2016 si presentava con il “Varese riparte” e l’idea di nuova viabilità, mentre ora nel PGT punta sullo “slow motion” dovrebbe trovare un punto d’incontro.
Infine c’è la dimensione temporale: due anni se ne sono andati per questa “fase conoscitiva”. Ora dovrebbe essere il momento della traduzione dei principi in programmi e strumenti. C’è spazio per il lavoro degli uffici, è stato detto, e d’ora in avanti per il confronto politico. Nello stesso tempo occorrerebbe mettere mano non solo al Documento di Piano, ma anche al Pano delle Regole e a quello dei Servizi, senza trascurare che periodicamente si lamenta l’assenza di un “piano del commercio”.
Il guaio dei PGT-bandiera è che richiedono anni (e soldi) per essere sviluppati e una volta che sono pronti, la palla passa all’amministrazione successiva che, specie se di colore diverso, comincia a valutare l’opportunità di mettere mano a un nuovo documento o almeno a una sostanziale revisione. Quello vigente (Centro-destra) è del giugno 2014, ma la nuova amministrazione (Centro-sinistra) già nell’ottobre 2016 si dava l’obiettivo di farne uno nuovo. La controprova sono i numeri forniti proprio un mese fa: i piani si fanno ma del PGT “in naftalina” (quello precedente) metà delle aree di trasformazione e quasi tre quarti di quella di completamento non sono state ancora toccate. Troppe ambizioni per strumenti che durano troppo poco per contare davvero?
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