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Attualità

USA E GETTA

SERGIO REDAELLI - 07/03/2025

wpD’ora in poi si pubblicheranno solo editoriali graditi al governo. L’annuncio di Jeff Bezos, proprietario di Amazon e del Washington Post, scoppia nella patria della stampa libera con l’effetto di una bomba: “Scriveremo ogni giorno a sostegno e difesa di due pilastri, le libertà personali e i liberi mercati. Naturalmente tratteremo anche altri argomenti, ma la pubblicazione di punti di vista che si oppongono a questi pilastri sarà lasciata ad altri”. È un sonoro schiaffo in faccia al leggendario giornalismo libero degli Stati Uniti d’America. È la clamorosa sconfessione del metodo che ha rivelato al mondo lo scandalo Watergate, l’inchiesta di Bob Woodward e Carl Bernstein del Washington Post che nel 1972 provocò le dimissioni del presidente repubblicano Nixon denunciandone le attività di spionaggio elettorale.

Bezos teme di subire danni ai propri affari opponendosi a Trump? È disposto a delegittimare la gloriosa testata di area liberal-democratica e ridurla a un docile strumento politico a difesa di interessi personali? È più che probabile. Con il ritorno del miliardario repubblicano alla Casa Bianca, incredibilmente rieletto nonostante i guai giudiziari e le pesanti implicazioni nell’assalto a Capitol Hill, tutto è cambiato. Lo si è visto nello studio ovale in occasione della cacciata del presidente ucraino Zelensky. L’accesso era consentito solo a giornalisti amici scelti dallo staff del presidente, tra cui lo sconosciuto reporter Brian Glenn di una minuscola testata filo trumpiana che ha suscitato l’irritazione del leader ucraino con un’assurda domanda sull’outfit. L’assist che il vicepresidente J.D. Vance aspettava per completare il lavoro.

Relegati fuori dalla porta cronisti professionalmente accreditati dalle associazioni di categoria: stampa sleale e diffamatoria, secondo il presidente, che rappresenta un fastidioso monopolio avversario. Con questo criterio due agenzie mondiali come Reuters e Associated Press non hanno potuto assistere all’incontro con Zelensky, mentre è riuscito a imbucarsi il corrispondente della Tass, l’agenzia governativa russa. Ma non è detto che il nuovo corso inaugurato dal flessibile padrone del Washington Post avrà vita facile. Il taglio dei giudizi avversi a Trump, già durante la campagna elettorale del 2024, ha provocato le dimissioni di prestigiose firme del giornale e la disdetta di oltre 250 mila abbonamenti.

I lettori del Post vogliono leggere un quotidiano indipendente e spregiudicato, non un tendenzioso bollettino di partito sottomesso al potente inquilino della Casa Bianca. La redazione si prepara a resistere. È in ballo la libertà di opinione che, non solo negli Stati Uniti, è una pietra miliare della democrazia.

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