Cosa si ” festeggi” in realtà molti non sanno e leggendo delle vicende che portarono all’istituzione della “Giornata internazionale della donna”, nei primi due decenni del secolo scorso, l’8 marzo si dovrebbe andare dal fiorista per ritirare corone di fiori da portare nei cimiteri, nelle piazze storiche, davanti alle lapidi nelle fabbriche dismesse dove le operaie iniziarono le loro lotte per migliori condizioni di lavoro e di salario. La prima Giornata mondiale delle donne si celebrò negli Stati Uniti d’America, promossa dal Partito Socialista americano il 28 febbraio del 1909. Il 28 febbraio di qualche anno prima era stato indetto uno sciopero al quale avevano aderito migliaia di camiciaie newyorkesi esasperate dalle condizioni di lavoro. L’8 marzo 1908 era scoppiato un incendio in una fabbrica tessile a New York dove sarebbero morte 129 operaie. In Europa Germania, Austria e Svizzera introdussero la giornata delle donne nel 1910. In verità in Russia l’8 marzo è festa davvero. Nel calendario gregoriano l’8 marzo coincide col 23 febbraio del calendario giuliano in vigore in Russia nel secolo scorso. Il 23 febbraio del 1917, in piena guerra mondiale, le operaie russe organizzarono uno sciopero che vide in piazza migliaia di manifestanti al grido di “Il pane e la pace”. Di fronte alle migliaia di donne e al debolissimo intervento repressivo dei cosacchi, lo Zar abdicò dando il via alla rivoluzione di febbraio, borghese, che anticiperà quella bolscevica di ottobre.
In Russia si festeggia la rivoluzione e le donne, altrove si celebra. In Italia la Giornata della donna venne celebrata per la prima volta il 12 marzo del 1922. Durante il regime fascista non si celebrò la Giornata internazionale delle donne, ma ancora durante il Governo Scelba, democratico e repubblicano, le donne dell’UDI, Unione Donne Italiane, laiche e di sinistra, che offrivano mazzi di mimose nelle piazze, venivano portate in Questura e multate per manifestazione e questua non autorizzata con conseguente sequestro del corpo del reato, le mimose. In Francia si omaggiavano mughetti e violette. In Italia le mimose divennero “simbolo sovversivo”, nientemeno. Oggi, in caso di necessità, si potrebbe optare in massa per l’ortofrutta abbandonando il floreale, per sicurezza: asparagi, carciofi, radicchio rosso, evitando i finocchi, indigesti per i ministri della razza.
Perché si scelse la mimosa? Va premesso che la mimosa non è un fiore, è una pianta originaria della Tasmania, Australia, un’ Acacia come la nostra “volgare” robinia che fa fiori bianchi a grappolo in maggio. Luigi Longo, noto dirigente del PCI, nel 1945 pensò di regalare mazzetti di viole alle “compagne” per l’8 marzo. Furono due compagne a consigliargli un fiore meno costoso, un fiore ” povero” e facilmente reperibile nei mesi di febbraio e marzo in quasi tutta la Penisola. Erano due donne ai vertici dell’ UDI: Teresa Mattei, moglie di Palmiro Togliatti, torinese, cresciuta nell’infanzia tra Varese e Milano, laureata in filosofia, trasferita poi a Firenze, espulsa da tutte le scuole del Regno nel 1938 per aver rifiutato di assistere alle lezioni sulla razza, lei nipote di ebreo lituano. Nel 1958 abbandonò anche il marito fedifrago, “il migliore”, e il PCI. Con lei operava Rita Montagnana, torinese di famiglia ebrea, socialista, prima presidente di UDI. Allora? “Più mimose e cannoli pe’ tutte” direbbe Cetto La Qualunque. Buon 8 marzo, la festa di fioristi e pasticceri.
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