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Pensare il Futuro

FRONTE ARTICO

MARIO AGOSTINELLI - 21/02/2025

articiLa presidenza Trump amplifica il pernicioso attacco al clima imprudentemente in atto fra i governi del mondo occidentale, compresa l’Italia. Ogni anno il rapporto dell’Ispi propone il punto di vista italiano sulla questione, avvalendosi di un sondaggio che coinvolge una vasta platea di esperti. Tra le novità c’è il netto calo della percezione di minaccia rappresentata dal cambiamento climatico. L’anno scorso ne aveva parlato il 25% degli intervistati, quest’anno quasi la metà. Il “grande riflusso” di attenzione nei confronti della transizione verde è un fenomeno che riguarda entrambe le sponde dell’Atlantico.

Qui riprendo una notizia, lasciata cadere come una boutade di Trump, che invece ben si inquadra nella deriva rispetto alla salvaguardia dell’ambiente.

L’Artide e il polo Nord sono pretesi come esclusiva appartenenza agli Stati Uniti, ma sono anche troppo importanti per essere contesi e schiacciati tra le grandi potenze. L’Artico sta attirando un forte interesse internazionale poiché il riscaldamento globale e lo scioglimento dei ghiacci aprono le porte a una maggiore pesca, a maggiori trivellazioni di petrolio e gas e alla caccia ai minerali sui fondali marini. Inoltre, c’è un aumento delle spedizioni, specialmente nel Passaggio a Nord-Est, con opportunità di commercio e trasporto più rapide tra l’Occidente e l’Estremo Oriente.

Ovviamente. la vicinanza geografica della regione tra le grandi potenze e l’accesso ampliato a un’ampia gamma di risorse naturali, causano una maggiore tensione geopolitica. Fortunatamente, non ci sono controversie di confine nella zona, sebbene la situazione dentro e intorno alle Svalbard, e anche intorno alla Groenlandia, abbia evidenti motivazioni sottostanti di politica di potenza. La forte militarizzazione sta ora aumentando in modo esponenziale. Ciò sta accadendo parallelamente a un continuo indebolimento della cooperazione ordinaria, amichevole, culturale, diplomatica e commerciale tra gli Stati Uniti e l’Europa occidentale da un lato, e la Russia dall’altro.

Il Consiglio Artico, un organismo unico e molto importante, è composto dagli otto Paesi circumpolari Canada, Danimarca (con le Isole Faroe e la Groenlandia), Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti e rappresenta anche gruppi indigeni del Nord. È un luogo di incontro pieno di opportunità. Le opportunità di distensione e cooperazione sono state sfruttate con entusiasmo. Il Consiglio difende i trattati che regolano l’uso e dove solo l’attività scientifica è accettata e l’attività militare è proibita. Il fatto che i rappresentanti dei popoli indigeni siano pienamente coinvolti nella cooperazione artica è unico.

Si è costituito un Parlamento che partecipa alle varie riunioni di 38 Stati non artici, organizzazioni internazionali e organizzazioni non governative, tra cui 13 Paesi, che hanno ottenuto lo status di osservatori e altri sono interessati a unirsi e mostrano particolare attenzione all’ambiente, al clima e allo sviluppo sostenibile. La riunione ministeriale di questa organizzazione, che di solito si tiene ogni due anni, adotta piani di lavoro e progetti. Le decisioni vengono prese per consenso e sei gruppi di lavoro si occupano di inquinamento, monitoraggio, flora e fauna, prevenzione degli incidenti e preparazione alle emergenze, ambiente marino e sviluppo sostenibile.

A livello di progetto, si lavora, tra le altre cose, sulla conservazione della biodiversità artica, sulla gestione integrata degli oceani, sui cambiamenti climatici, sulla riduzione dell’inquinamento, sulla risposta alle fuoriuscite di petrolio e sulla ricerca e soccorso. Si capisce perché la presidenza Trump, nel suo furore di spezzare ogni legame di controllo democratico e partecipato, miri ad annettere l’Artico nelle sue regioni più rilevanti a partire dalla Groenlandia per disporne a proprio arbitrio, sfruttandone le risorse e spogliando la Terra di un bene comune insostituibile.

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