Avete presente Jens Stoltenberg, il mitico norvegese ex segretario generale della Nato, quel tizio con gli occhialini e il piglio da duro che per due anni e mezzo ha quotidianamente scaldato i cuori occidentali, tutto infervorato per la guerra in Ucraina sottolineando la assoluta necessità di fornirle nuovi armamenti e mettere altre più dure sanzioni alla Russia, specialmente in campo energetico perché – diceva – “La libertà non ha prezzo!”
Mr. Stoltenberg è ora il nuovo Ministro delle Finanze della Norvegia, Paese che – guarda che combinazione – ha le più vaste riserve di petrolio e gas naturale del continente dopo la Russia e che ha contribuito a compensare parte del crollo delle forniture di Putin a quest’Europa assetata di energia. Altruismo? Non solo, visto che se il costo del gas sale sul mercato internazionale, chi lo vende ci guadagna e la Norvegia in questi tre anni di guerra di profitti energetici ne ha lucrati, eccome, perché man mano che forzatamente diminuiva la quota di gas russo serviva quello “alternativo”, in primis quello norvegese che in Europa è quasi a portata di mano.
Se fra il 2021 e l’anno scorso gli acquisti di metano scandinavo sono infatti cresciuti, come volume, solo del 5,8% totale (questo secondo la banca dati del Centro studi Bruegel di Bruxelles), il costo di quel gas sul mercato è letteralmente esploso. Siamo passati da una media di 15,9 miliardi di euro di fatturato all’anno (periodo 2016-2020) a un incasso di 74,3 miliardi di euro in media all’anno (tre volte la finanziaria italiana per un Paese che ha un decimo degli abitanti dell’Italia).
E non c’è poi solo il gas, ma anche il petrolio. La “Equinor” è la società che in Norvegia ha il monopolio del settore ed è controllata per il 67% dallo Stato. Nel quinquennio precedente alla guerra in Ucraina la società ha pagato al governo norvegese 7,2 miliardi per imposte e dividendi, mentre l’anno scorso le imposte sul reddito sono schizzate a 31 miliardi, con 6,1 miliardi di dollari di dividendi, su quasi 10 miliardi di profitti totali.
Insomma, la Norvegia ha guadagnato davvero bene dall’aggressione russa in Ucraina e se per qualche trattativa fosse improvvisamente scoppiata la pace, addio guadagni. Quindi l’aggressione di Putin ha almeno fatto felice qualcuno – oltre ai fabbricanti e venditori di armi – ed è ben curioso che a capo della Nato ci fosse proprio l’esponente di un Paese che dalla guerra ha guadagnato più di tutti.
Peccato poi che la Norvegia dopo aver guadagnato più di 100 miliardi “netti”, ne abbia poi destinati in aiuti all’Ucraina – e questo dato è del Kiel Institute for International Economics – solo 3,5 miliardi, davvero miseri spiccioli rispetto ai lauti profitti.
In ogni Paese essere il Ministro delle Finanze – chiedete a Giorgetti – è un mestiere infame, stretti tra spese obbligatorie e pregresse, limiti europei, indici di indebitamento da rispettare… Beato Stoltenberg che da ministro di problemi ne avrà invece molto meno visto che, numeri alla mano, ogni norvegese ha guadagnato dalla guerra in Ucraina oltre 20.000 dollari a testa. Insomma, la guerra è un ottimo investimento finché dura, quindi … facciamolo durare!
PS ma tutto ciò non configura un gigantesco conflitto di interessi, almeno moralmente?
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