È dei giorni scorsi la notizia di uno sgombero, avvenuto a Malpensa, riguardante alcune persone senza fissa dimora abituate a ricoverarsi abusivamente negli spazi dell’aeroporto. Come è stato raccontato dai media, esse occupano a volte le sedute riservate ai passeggeri di voli in transito, a volte i servizi, rendendoli inagibili ai viaggiatori. Sono quindi fonte di malcontento per questi ultimi, ma anche e soprattutto per chi lavora e vive gran parte della giornata all’interno dello scalo, come gli addetti alle pulizie che si ritrovano perennemente di fronte a situazioni di forte disagio.
Non sono mancate, come prevedibile, le resistenze da parte degli sfollati, peraltro abituati a ritornare quasi sempre dove stavano prima di venire allontanati.
Sono situazioni che ovunque esistono, le abbiamo tutti avute sotto gli occhi, e si ripropongono soprattutto quando il maltempo e il freddo pungente dell’inverno costringono a soluzioni estreme. Ma alcune di queste persone, pare anche a Malpensa, hanno spesso disturbi mentali e comportamentali, indizio di patologie e difficoltà che necessitano d’accudimento e attenzione. Se si decide perciò di allontanarli da dove cercano rifugio è importante offrire alternative, con sostegno concreto in cure e strutture di accoglienza adeguate, che servano ad assicurare almeno un minimo di conforto e vicinanza.
Speriamo sia il loro caso.
È un discorso fondamentale di giustizia, dal quale non si può più prescindere, e che investe quanti sono tenuti, per incarichi e ruoli istituzionali in primis, a dare risposte efficaci e necessarie per il bene di tutti.
Quanto vediamo attorno a noi -proprio da qui abbiamo ritenuto opportuno prendere spunto- è purtroppo anche conseguenza e riflesso del macrodisordine mondiale. Che ha raggiunto limiti di prevaricazione e disumanità nei confronti di interi popoli e paesi, spesso costretti alla diaspora e alla migrazione da politiche tiranniche, prive di giustizia. Su questo dobbiamo riflettere.
Nel libro “L’alfabeto dell’uomo” (Edizioni San Paolo, 2025) monsignor Gianfranco Ravasi cita Saint- Exupéry (1900-1944), il famoso aviatore e autore del “Piccolo Principe”: “La giustizia è l’insieme delle norme che perpetuano un profilo e un modello di umanità all’interno di una società”.
E commenta: “È necessario che ci siano principi etico-sociali oggettivi da incarnare nelle legislazioni, contro ogni tentazione di quello che Benedetto XVI sottolineava come rischio costante nella storia: il relativismo. Secondo quest’ultima concezione la convenienza, il potere, l’opinione dominante determinerebbero a piacere l’essenza e i confini del bene e del male, e, quindi, del giusto e dell’ingiusto”.
Ravasi ricorda al proposito anche il teologo Romano Guardini (1885-1968) che in un suo scritto sulle Virtù coniava questa definizione su cui meditare “La giustizia è quell’ordine in cui l’uomo può sussistere come persona. Questo deve realizzarsi in pienezza non soltanto per uno o per un altro, non solo per il potente, per il felice, per il dotato, ma per ogni uomo per il fatto che è un uomo”.
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