È andata così.
Jersey l’ha colpito duro più volte.
L’ha messo giù.
Ma, lo sai, Rocky incassava le cannonate…
Poi, il campione ha tirato i remi in barca.
Era in vantaggio su tutti i cartellini, lo sapeva.
E quando è cominciato il tredicesimo round ha pensato solo a tenerlo lontano, quel dago.
Schermaglie.
Neanche un colpo portato.
Jersey, come quando sa di avere il match in pugno: alto, con il jab naturale che aveva…
Due o tre finte e gli arretramenti che sapeva fare così bene…
Ed eccolo nell’angolo.
Pensa di sottrarsi ancora.
Di alzare il destro e approfittare della conseguente mossa del dago per scivolare via.
Rocky l’ha studiato fin dall’inizio.
Sa cosa sta per succedere.
Improvvisamente, accorcia.
Porta un destro alla mascella.
Uno solo.
Il sinistro che segue mentre Jersey è già piegato e sta cadendo non serve.
Lo sai, nessuno poteva tenerlo, neppure il campione.
E ci sono voluti tredici round.
E ogni volta penso a cosa sarebbe successo se l’incontro l’avessero combattuto anni dopo, quando non si andava più oltre i dodici.
Rocky avrebbe chiuso prima?
Difficile dirlo.
È che ce ne volevano tredici e tredici sono stati.
E basta.
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