Rivedo sempre con un piacere misto a malinconia “Prima Pagina” film di Billy Wilder con Jack Lemmon nella parte del brillante giornalista Hildi Johnson e Walter Matthau in quella dell’arrogante Direttore del “Chicago Examiner”. Commedia del 1974 oltre a denunciare ante tempo i rischi delle “fake news” e del giornalismo d’assalto fine a se stesso, racconta di un clima di lavoro che ormai non c’è più. Pensiamo alla scena in cui Matthau si finge poliziotto di fronte alla futura moglie di Lemmon (una giovane Susan Sarandon), per accusarlo di essere un maniaco sessuale e impedirne il matrimonio, o alla beffarda conclusione, con la coppia che sta partendo felice in treno e dove il Direttore assesta un ultimo gesto di perfidia per far tornare al lavoro il suo giornalista di punta.
Lo stesso clima ironico e cinico mi ha suscitato la lettura dell’ultima fatica di Filippo Anastasi “Scherzi in redazione” edito da All Around. Direttore di Rai Giubileo, vice Direttore del Tg2 e per un certo periodo mio capo come responsabile dell’informazione religiosa del Giornale Radio, Anastasi ha mosso i primi passi professionali nella redazione del “Il Messaggero”. Proprio lì agli inizi degli anni Settanta, in quello che è il quotidiano romano per antonomasia, ambienta il racconto degli scherzi senza esclusione di colpi tra colleghi giornalisti.
Spiega l’autore: “In queste cento pagine c’è sicuramente nostalgia, ma dalle molte sfaccettature. Mi manca la giovinezza professionale, piena di entusiasmi e di ardori ed ora invece per i giovani colma di ansie e precarietà anche economica. Mi manca il clima amicale della redazione che mi dicono essere ora solo un ricordo. Mi manca la ricerca puntuale delle fonti (persone guardate in faccia o documenti autentici fotocopiati), oggi sostituita da rapide ricerche su Instagram, Facebook o Wikipedia. Ho voluto raccontare storie vere che danno il polso della situazione di un’altra epoca del giornalismo. Forse lo si faceva per dissacrare la sacralità dei luoghi e dei ruoli, ma non era perfidia, era goliardia, senza mai tralasciare l’impegno professionale”
Sfilano così nel libro burle come quella del “terremoto a Montecarlo” che coinvolge Luciano, invidioso vice caporedattore di desk, desideroso di viaggiare come i colleghi inviati. Quando finalmente gli viene offerto un viaggio su una nave da crociera con partenza da Montecarlo, alcuni giornalisti orchestrano una finta serie di notizie su un terremoto nel Principato, tanto convincenti da indurlo ad annullare il viaggio. Oppure la telefonata di un imitatore del Presidente Pertini che nel cuore della notte intima al prestigioso inviato Piero di portargli immediatamente i fogli originali dell’articolo pubblicato in prima pagina perché qualcosa che ha letto lo ha irritato. O ancora l’invito ad un collega particolarmente amante dell’isola di Cipro (ma mai visitata per paura dei viaggi) per un importante convegno a cura di una fantomatica Fondazione San Barbara dove avrebbe dovuto tenere la relazione principale. E infine una costruita commedia degli equivoci tra un redattore e la moglie di un giornalista fatta spacciare per quella del Direttore.
Insomma un ampio catalogo di scherzi in cui tanti colleghi della mia generazione possono ritrovarsi e che richiedevano tra l’altro tante ore di studio. D’altro canto, in redazione allora si entrava alle 10 e ne uscivi dopo la mezzanotte. Tracce di una vita ormai estinta: a mancare oggi non è tanto il tempo; sono le redazioni.
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