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Società

NOI E SANREMO

LUISA NEGRI - 06/02/2025

Toni Renis vincitore al Festival di Sanremo 1963

Toni Renis vincitore al Festival di Sanremo 1963

Tutti gli anni torna. Gradito o meno, dipende dai gusti. Ma arriva sempre. Per alcuni come una festa comandata o un atto dovuto. Per altri rappresenta una serata d’evasione, uno spettacolo piacevole. Che ha ormai un’acclarata ragione storica di essere. Perché è il Festival di Sanremo.

L’età anagrafica -pari, se non superiore, a quella d’una certa fetta di pubblico, affezionato e datato- consente a molti di poter vantare un ascolto di svariate edizioni della manifestazione. Siamo ormai alla settantacinquesima.

E ciascuno ne ha sicuramente almeno una da ricordare. Chi non ha legato una canzone del Festival al ricordo della gioventù, o al bel viso -o alla voce- del suo interprete? O a qualche motivo, da cercare nelle magiche note o parole d’imperituri successi.

Se resistono, a distanza di anni, è perché portano le firme di Battisti e Mogol, Dalla o Battiato, Tenco o Paoli. Ricordiamo tutti Nel Blu dipinto di Blu cantato nel ’58 da Domenico Modugno, o Perdere l’amore, un grande successo dovuto alla voce del talentuoso Massimo Ranieri.

Io ho in mente un lontano -lontanissimo- Festival : era il ‘63. Lo presentava Mike Bongiorno e lo vinse Tony Renis con Uno per tutte. Ero una bambina che s’affacciava all’adolescenza. Il viso sorridente, ma anche un po’ impertinente del cantante, rappresentava bene i turbamenti e le attese giovanili di tanti coetanei.

Operata in autunno -a una tibia- attraversavo una lunga convalescenza. La delicatezza dell’intervento e la gabbia di un gambaletto di gesso, che tendeva a sbriciolarsi nonostante i ‘ritocchi’, mi impedivano la presenza alle lezioni scolastiche. La mia classe, una seconda media, stava al secondo piano di un vecchio edificio, sprovvisto di ascensore. Ma nessuno allora se ne dava pena.

Affrontavo dunque tra me e me il nuovo anno, anche scolastico, come una guerra quasi impossibile, da vincere a distanza. E l’avrei vinta io. Ne sono ancora oggi orgogliosa.

Quella sera il viso fresco del trionfatore del festival, che avevo visto già l’anno precedente in Quando quando quando, e le sue due canzoni mi lasciarono uno strano senso di malinconia. Furono, me ne accorsi nel tempo, lo spartiacque tra infanzia e adolescenza, tra la spensieratezza e la prima, grande difficoltà della mia vita.

Lo spettacolo presentato dal lanciatissimo Mike, affiancato da uno stuolo di vallette, tra cui la bionda Edy Campagnoli, ebbe vasta risonanza. E fu per Renis un formidabile passepartout con destinazione l’America. Dove rimase per sempre, divenendo un personaggio di fama internazionale.

 L’anno successivo vincerà un’altra garbata canzone, interpretata da una giovanissima Gigliola Cinquetti, poi premiata anche all’Eurofestival. Ma ci sarà polemica per l’esclusione di Bobby Solo, costretto al mutismo per una raucedine (cantò in playback, ndr). La sua Una lacrima sul viso venderà però milioni di dischi ed egli sarà riconosciuto da tutti come vincitore morale della gara.

Faranno scalpore, di Bobby, anche il ciuffo ribelle e gli occhi bistrati. Ricordo d’aver ascolto la sua canzone infinite volte sul giradischi: lasciato ormai alle spalle un anno difficile, marciavo anch’io verso nuove mete. Ero passata dalla malinconia ammiccante della canzone di Tony a quella grintosa e imbronciata di Bobby. Ma sempre malinconia mi pareva.

Gli adolescenti di oggi, lo sappiamo, prediligono il rap. Forse nascondono la loro malinconia dietro parole e suoni più duri, e ritmi ostentatamente ripetitivi. Che chiedono di essere ascoltati, dal cuore di chi sa davvero sentire.

Sentimenti a parte, due novità si annunciano per Sanremo 2025: la prima riguarda la collaborazione al festival di Giancarlo Leone, in veste di autore, e la seconda ci racconta di una scenografia fantastica.

Per chi non ricordasse o fosse troppo giovane per conservarne memoria, Giancarlo è il terzo figlio di Giovanni Leone, che fu nostro presidente della Repubblica dal 1971 al giugno ‘78. Dovette dimettersi per essere stato implicato ingiustamente nello ‘scandalo Lockheed’. Grande accusatrice la giornalista Camilla Cederna, autrice di un’opera pubblicata da Feltrinelli, Giovanni Leone la carriera di un presidente, e stampata in territorio varesino. La magistratura scagionerà poi Leone. Il processo, in primo grado, fu celebrato proprio a Varese. In seguito a Milano.

Circa la nuova “teatralità” dell’Ariston, s’annuncia davvero grandiosa: una scena a 360 gradi -con pareti /scultura in tre dimensioni capaci di mille trasformazioni- che porta la firma dell’architetto Riccardo Bocchini.

Speriamo sia un Festival pari alle migliori tra le edizioni precedenti e alla bellezza del sito che ogni anno lo accoglie. Una perla del turismo italiano dove si incrociano luoghi e ricordi di alcuni nomi di grandi: come quello di Italo Calvino, figlio di questa bella terra di mare e collina, o di Alfredo Nobel. Che la visse, da forestiero illustre, nella grande villa affacciata sul mare, oggi casa museo visitata da milioni di turisti. Ospite indimenticata anche la zarina russa Maria Alexandrovna, moglie dello zar Alessandro II. Il maestoso viale delle palme, poi intitolato a lei, fu il suo dono di riconoscenza per un posto amatissimo. Dove era venuta e ritornata più volte, a curare corpo e anima.

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