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Memoires

IL PAPA PIANISTA

SILVANO COLOMBO - 06/02/2025

OLYMPUS DIGITAL CAMERAIl 24 maggio del 1986 si inaugurò sul sagrato posteriore del Santuario di Santa Maria del Monte sopra Varese, il monumento bronzeo opera di Floriano Bodini, voluto da mons. Pasquale Macchi, arciprete di quel Santuario, per fare e dare memoria di Paolo VI, al secolo Giovanni Battista Montini.

Si deve a monsignor Macchi il forte impulso a far rivivere il Sacro Monte, inteso come la Fabbrica delle cappelle del Rosario ed il borgo di Santa Maria, la cui gemma era ed è il Santuario della Vergine Incoronata.

Mandato su sua richiesta dal Pontefice Giovanni Paolo II a fare da arciprete a Santa Maria del Monte: un ritorno a casa, nella sua Varese, col piglio deciso suo proprio affronta di petto la situazione dell’Amministrazione del Santuario, marcata da un conservatorismo senza futuro. Carlo Alberto Lotti, restauratore in Varese, con la sua bottega, vi lavorerà del 1983 al 1993.

L’impulso suscita sgomento nei ben pensanti salotti varesini quando incarica Renato Guttuso di dipingere con acrilico sul muro esterno della Terza Cappella la sua Fuga in Egitto, sostitutiva di quella di Carlo Francesco Nuvolone, pittore lombardo di metà Seicento, andata perduta nel tempo per via di irreparabili guasti alla muratura. Il Poloni, “restauratore” novecentesco (1922-23), ne aveva rinvigorito l’immagine ma era stato un intervento in falsetto.

Macchi chiama Guttuso, notoriamente di sinistra, a far rivivere la Fuga in Egitto in chiave contemporanea. La Palestina era ed è all’ordine del giorno. Lo scompiglio dei suddetti salotti benpensanti varesini non sfiora la veste di Macchi che tira diritto, e ben a ragione.

Il murale, eseguito tra il settembre e l’ottobre del 1983, viene ufficialmente presentato il 26 novembre dello stesso anno. Ma il piano, per i varesini suddetti, eversivo di Macchi manca dell’ultimo intervento. Quello che gli sta a cuore tanto quanto i precedenti: fare memoria del Suo Pontefice, che spesso da arcivescovo di Milano saliva alla Madonna del Monte, di Papa Paolo VI.

Certamente un’intrusione nella storia del Santuario, che aveva visto salire gli Sforza milanesi a sentir messa (nel secondo Quattrocento) ed il cardinale Federico Borromeo a visitare la Fabbrica delle Cappelle (agli inizi del Seicento).

La caparbia devozione di Macchi nutrita verso il suo Pontefice impone che il messaggio di quest’ultimo s’impianti vicino al Santuario. Bodini, che fin dalla sua giovane esperienza artistica, aveva modellato un trepidante Paolo VI in legno di cirmolo, con le mani ancora vibranti per aver lasciato volar via la colomba dello Spirito (1968), è naturalmente vocato a fare quest’ultimo omaggio.

Ne esce una vigorosa, tremenda figura di Paolo VI che compendia in sé tanti diversi momenti riassunti nel monumento. Anzitutto il Pontefice è inginocchiato su un morbide ampio cuscino il cui nappo sulla sinistra occhieggia impertinente per dare il via alla salita della figura: il segnale.

Solo avvertendo che l’equilibrio del corpo è instabile si intende come fa a crescere l’impianto, in continua ondeggiante ricerca di un momentaneo momento di stasi.

Il bilanciamento è dato dal protendersi delle braccia e delle mani e dal volgere verso il basso della testa, dunque del busto, mentre le braccia si dilungano verso il cielo dando avvio ad un arco, come di un ponte (non a caso è un pontefice) che lega terra a cielo.

Calamitano a sé certamente le aristocratiche dita, come di un celeste pianista, che a molti hanno fatto dire che sono troppo lunghe. Queste persone farebbero meglio a stare al caffè a spender chiacchiere se non intendono la doppia valenza di quella espressionistica lettura.

Dapprima la tensione ad uscire dal limite fisico per segnalare la potenza dell’intimo gesto, del resto accompagnata dal mosso panneggio dell’insieme della veste; poi, dal punto di vista di chi sta sotto e guarda contro cielo, sarebbero apparse diminuite per un evidente contrasto dell’occhio, e l’artista deve saper comprendere e rispondere a molteplici istanze, mettendo così in minoranza chi passa sotto quelle mani distrattamente, come spesso avviene. Fusse che fusse la volta bbuona che qualcuno risalga al monte per vedere come stanno le cose?

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