Che il grande evento che, insieme all’armistizio (cessate il fuoco) a Gaza, segna l’insediamento di Trump alla presidenza degli Stati Uniti sia la riapertura a TikTok del mercato americano, è un segno dei tempi che merita ampia riflessione.
TikTok è un social media con base in Cina che ha oltre 1,6 miliardi di utenti nel mondo, per lo più adolescenti e bambini, di cui 1,6 milioni negli Stati Uniti, ossia quasi un americano su due. È accessibile in molte lingue tra cui l’italiano e consente ai suoi utenti di creare e condividere brevi video musicali montati con filtri ed effetti speciali. In sostanza è un’enorme macchina per la perdita di tempo e per lo più una girandola di sciocchezze, che però raccoglie una quantità smisurata di dati personali e li elabora a fini ufficialmente soltanto commerciali ma presumibilmente anche per altri scopi. In Italia aveva nel 2024 oltre 21 milioni di utenti su quasi 59 milioni di abitanti.
Biden aveva tentato di escluderlo dal mercato degli USA; Trump invece, ritenendolo irrefrenabile, ha deciso di riaprirglielo ma a condizione che il segmento di TikTok relativo agli Usa diventi per il 50 per cento di proprietà americana.
Il punto chiave della questione è precisamente questo: nel mondo in cui viviamo stanno emergendo dei fenomeni, dei processi negativi cui nessuno può impedire di divenire planetari, e che in larga misura si auto-sviluppano per forza propria, anche al di là dell’intenzione originaria di coloro che li hanno messi in moto. Finiscono per essere un dato di fatto, non meno della geografia o dell’atmosfera. Quindi non si può che affrontarli come si affronta un fenomeno atmosferico difendendosene od avvalendosene come di una pioggia alluvionale, di una nevicata tale da causare valanghe, o di una grande calura.
Altri fenomeni contemporanei altrettanto cruciali, come tipicamente le guerre, tra l’altro superate poiché causano danni a tutte le parti in causa, ai vincitori (se ci sono) come ai vinti, non sono affatto inevitabili. Con la diplomazia le si possono infatti sospendere; e con la riutilizzazione a fini pacifici dell’industria militare le si possono rendere non più inevitabili o comunque governabili.
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